Abuso congedo straordinario, di cosa si tratta e come difendersi
Tra i privilegi dei quali i lavoratori dipendenti possono usufruire, al verificarsi di particolari circostanze, c’è il congedo; esso può essere parentale o familiare, a seconda dei casi, e consente di assentarsi dal luogo di lavoro per un determinato lasso di tempo, percependo solo una parte della retribuzione che normalmente gli spetterebbe ma, al contempo, conservando il proprio impiego. Esiste una forma particolare di tale prerogativa, denominata “congedo straordinario”: vediamo di seguito di cosa si tratta, quali categoria di lavoratori ne hanno diritto e in quali casi si configura un abuso del ricorso a questo strumento.
Cos’è il congedo straordinario
Secondo quanto viene riportato dal sito ufficiale dell’INPS, il congedo straordinario consiste in un periodo di “due anni di assenza dal lavoro indennizzata nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo straordinario, nell’arco della vita lavorativa”. “Il beneficio” – si legge ancora sul portale di riferimento dell’Istituto – “è frazionabile anche a giorni (interi). Tra un periodo e l’altro di fruizione è necessaria – perché non vengano computati nel periodo di congedo straordinario i giorni festivi, i sabati e le domeniche – l’effettiva ripresa del lavoro, requisito non rinvenibile né nel caso di domanda di fruizione del congedo in parola dal lunedì al venerdì (settimana corta) senza ripresa del lavoro il lunedì della settimana successiva a quella di fruizione del congedo, né nella fruizione di ferie”.
Il congedo straordinario può essere riconosciuto solo a specifiche categorie di lavoratori, che ne fanno richiesta per potersi dedicare all’assistenza di un familiare o un convivente affetto da grave disabilità; in particolare, il beneficio può essere riconosciuto solo ai lavoratori dipendenti, secondo un preciso ordine di priorità “che degrada solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi”:
- Il convivente (sia il coniuge che la parte dell’unione civile);
- I genitori conviventi, anche se adottivi o affidatari;
- I figli conviventi;
- Fratelli o sorelle conviventi;
- Parente o affine convivente (entro il terzo grado di parentela o affinità).
Al termine del periodo di due anni di congedo “non è mai possibile per lo stesso lavoratore fruire del “raddoppio”; infatti un ulteriore periodo biennale per altri figli in situazione di disabilità grave è ipotizzabile solo per l’altro genitore (ovvero nei casi previsti per i fratelli o sorelle o il coniuge o la parte dell’unione civile), con decurtazione di eventuali periodi da lui utilizzati a titolo di permessi per gravi e documentati problemi familiari” come si apprende dall’apposita sezione del portale dell’INPS.
Le categorie di lavoratori che non possono usufruire di questo beneficio sono: addetti ai servizi domestici e familiari, lavoratori a domicilio, lavoratori agricoli giornalieri, lavoratori autonomi o parasubordinati e lavoratori con contratto di lavoro part-time verticale. In aggiunta, il congedo straordinario non può essere ottenuto se la persona disabile viene ricoverata a tempo pieno (fatta eccezione per alcuni casi specifici previsti dalla legge). Inoltre, il congedo straordinario non è compatibile con i permessi erogati ex Legge 104 del 1992 (possono essere utilizzati nello stesso mese ma non nello stesso giorno) e non si interrompe per malattia o maternità fino a 60 giorni dall’inizio della sospensione del lavoro.
Quando si parla di abuso
Il congedo straordinario è un beneficio con finalità ben precise (assistere un familiare o un convivente affetto da grave disabilità); qualora queste non siano rispettate, può concretizzarsi un abuso. Come spiega anche Antonio Piccinni – Head of Operations – Investigations Unit di Inside Intelligence & Security Investigations, l’abuso del congedo straordinario si materializza nel momento in cui il dipendente che ne usufruisce dedica il tempo a propria disposizione ad attività non congruenti con le finalità del beneficio. In maniera non dissimile a quanto accade con i permessi ex Legge 104, esiste una nutrita giurisprudenza che ha modificato l’accezione del supporto assistenziale (che non va inteso come attività continuativa ed esclusiva). La sentenza n. 29062 emessa dalla Cassazione nel 2017, pur riconoscendo al beneficiario del congedo la possibilità di riservarsi degli spazi di vita personali ha ribadito la necessità che “risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile”. Pertanto, l’abuso non si configura automaticamente se il lavoratore che beneficia del congedo dedica parte del proprio tempo ad attività avulse dall’assistenza al disabile; piuttosto, in base ai casi di specie, è necessario stabilire quanto l’utilizzo del congedo sia idoneo rispetto alle finalità originarie.
Come scoprire i casi di abuso
Nel caso in cui il datore di lavoro sospetti che vi sia un abuso del congedo straordinario da parte del dipendente, può disporre delle verifiche di controllo (entro i limiti imposti dall’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori). Non esiste un parametro preciso che permetta di stabilire quando sussista la necessità di intraprendere un’iniziativa di questo tipo ma, qualora emergano indizi di un certo rilievo, il datore di lavoro può ritenere necessario agire a tutela dei propri interessi, in quanto le normative vigenti stabiliscono che l’indennizzo al dipendente beneficiario del congedo venga erogato dal datore di lavoro. A tale scopo, può rivolgersi ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in indagini sui dipendenti. Il mandato deve essere conferito da un legale rappresentante dell’azienda. Una volta accettato l’incarico, gli agenti possono procedere ad avviare l’iter investigativo. Il primo step consiste nell’acquisire dati utili ed informazioni di vario tipo inerenti al dipendente che sarà il target delle indagini; gli agenti delineano quindi il profilo personale e professionale del soggetto da sottoporre a verifica, anche grazie a documenti integrativi, come ad esempio curriculum e referenze.
La seconda fase dell’intervento prevede l’attività di osservazione del soggetto; tale procedura è sia dinamica (pedinamento) che statica (appostamento) e consente di documentare, mediante l’acquisizione di riscontri fotografici e materiale video, la condotta del target delle indagini in specifici contesti di tempo e luogo. Ciò consente di comprovare eventuali incongruenze rispetto alla natura ed alla destinazione originaria del congedo: i possibili ‘abusi’ potrebbero concretizzarsi nello svolgimento di una seconda attività lavorativa illecita o in un allontanamento prolungato dal disabile che avrebbe bisogno di assistenza (per una vacanza o altri motivi). Quando le indagini sono concluse, gli agenti incaricati stilano una relazione investigativa, un documento all’interno del quale viene illustrato il lavoro svolto, col supporto di documentazione video-fotografica e vengono sottolineati i risultati ottenuti. I riscontri investigativi possono risultare determinanti per decidere, in base alle specificità del caso, se la condotta del dipendente è congrua o meno rispetto allo sfruttamento del beneficio di cui usufruisce.