Cosa si intende per assenza ingiustificata dal lavoro

23 Gen , 2020 Indagini Aziendali

Cosa si intende per assenza ingiustificata dal lavoro

La qualità della prestazione lavorativa può incidere in maniera molto significativa sul rapporto tra datore di lavoro e dipendente. In tal senso, le assenze – specie se reiterate -costituiscono motivo di possibili frizioni, soprattutto nel caso in cui possano determinare problemi all’attività produttiva oppure all’organizzazione interna. Spesso capita che tali assenze siano ingiustificate ed espongono il dipendente a ripercussioni di vario genere che, in casi estremi, possono determinare il licenziamento.

Assenza ingiustificata e responsabilità disciplinare

Si parla di ‘assenza ingiustificata’ quando il lavoratore dipendente si assenza dal luogo di lavoro senza documentare un valido e fondato motivo; in altre parole, si tratta di una condotta assenteista, in quanto la mancata prestazione lavorativa non è dovuta ad alcun reale impedimento di sorta (infortunio, malattia o altro) ma, come spiega anche Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, alla semplice volontà, relata a motivi personali di varia natura, di non recarsi sul luogo di lavoro. Ciò vale tanto per i dipendenti del settore pubblico quanto per quelli del settore privato.

A differenza delle assenze motivate tramite certificati medici o altre attestazioni false, quelle ingiustificate rappresentano un caso di specie leggermente diverso. Ciò nonostante, il dipendente che si assenta dal luogo di lavoro senza comunicarne in alcun modo la causa commette una violazione della propria responsabilità disciplinare. Quest’ultima rappresenta l’insieme degli obblighi, maturati per contratto, che il dipendente deve osservare nello svolgimento delle proprie mansioni e, più in generale, nei confronti del proprio datore di lavoro. Uno dei principali riferimenti normativi in materia è il Codice Civile, ed in particolare l’articolo 2104: “il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale”.Un altro dispositivo del Codice, l’articolo 2106, regolamenta le sanzioni disciplinari che possono essere comminate al verificarsi di una violazione dei propri obblighi da parte del dipendente (“secondo la gravità dell’infrazione”).

Altro riferimento primario è l’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori che regolamenta diffusamente le sanzioni disciplinari. Il comma 2 stabilisce che “il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa”; in aggiunta, le sanzioni non possono implicare un mutamento definitivo del rapporto di lavoro (comma 3) mentre quelle più gravi del rimprovero verbale non possono essere disposte prima di cinque giorni dalla contestazione per iscritto della violazione (comma 4).

In sintesi, quando un dipendente si assenta da lavoro senza addurre alcuna motivazione, il datore di lavoro deve inoltrare un richiamo in forma scritta (a mezzo raccomandata da consegnare a mano) al lavoratore; questi ha facoltà di presentare, sempre in forma scritta, un documento che spieghi i motivi dell’assenza dal luogo di lavoro. Una volta esaminato il contenuto della giustificazione, il datore di lavoro può decidere se procedere con la sanzione disciplinare oppure rinunciare.

Come indagare

Nel caso in cui il datore di lavoro voglia indagare su un dipendente assente dal lavoro senza alcuna giustificazione, può rivolgersi ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in indagini aziendali ed in particolare in quelle sull’assenteismo. Il mandato può essere conferito direttamente dal titolare dell’azienda oppure, in sua vece, da un legale rappresentante.

La prima fase dell’iter investigativo consiste nella raccolta dei dati relativi al dipendente da sottoporre ad indagine: riferimenti anagrafici (assieme a domicilio e residenza), contratto di lavoro e curriculum (a questa documentazione può aggiungersi una lettera di referenze). In tal modo, gli agenti possono delineare il profilo professionale che rappresenta il target delle indagini. Lo step successivo è rappresentato dalle procedure di supervisione, ovvero pedinamento e appostamento. Gli investigatori possono acquisire materiale fotografico e video, in modo tale da collocare il soggetto indagato, entro una determinata finestra di tempo, in un luogo ben preciso. I riscontri ottenuti durante la supervisione attiva e passiva consentono inoltre di testimoniare la condotta del dipendente, documentandone i comportamenti e gli spostamenti, al fine di determinare anche la validità dei motivi addotti successivamente alla contestazione dell’assenza ingiustificata. Quando l’iter investigativo è concluso, gli agenti scrivono una relazione finale che viene consegnata al mandante delle indagini: il documento riporta il lavoro investigativo svolto ed i risultati ottenuti.

Assenza ingiustificata e licenziamento

Come già accennato, in linea generale l’assenza giustificata rappresenta una violazione delle responsabilità disciplinari del dipendente. Il datore di lavoro può, nelle modalità esposte in precedenza, contestare la mancata giustificazione dell’assenza e, una volta recepita la replica del dipendente, prendere il provvedimento disciplinare che ritiene opportuno, in relazione alla gravità della violazione.

Il provvedimento disciplinare massimo è rappresentato dal licenziamento.La giurisprudenza a riguardo è piuttosto nutrita; il riferimento più importante è rappresentato dalla sentenza n. 240 del 29-30 novembre emessa dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimi i primi tre commi dell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori “interpretati nel senso che siano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari, per i quali detti commi non siano espressamente richiamati dalla normativa legislativa, collettiva o validamente posta dal datore di lavoro”. In altre parole, i commi in questione non devono essere applicati solo alle sanzioni disciplinari ma anche ai licenziamenti disciplinari.

L’Ordinanza n. 9399 del 16 aprile 2018, emessa dalla Corte di Cassazione, di contro, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un dipendente assente non giustificato per più di tre giorni. Nel caso di specie, il lavoratore aveva richiesto alcuni giorni di ferie per assistere il padre, poi deceduto, senza che questi gli venissero concessi. A causa dell’assenza prolungata dal luogo di lavoro (oltre i tre giorni) senza fornire giustificazioni di sorta, il datore di lavoro ha ritenuto di poter procedere al licenziamento. La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal dipendente avverso ad una precedente sentenza in quanto, tra le altre, non teneva in debito conto “il reciproco comportamento delle parti sotto il profilo della correttezza e buona fede”.

L’interruzione del rapporto di lavoro non è quindi sempre possibile ma è legittima solo nei casi di particolare gravità (premesso che, di per sé, un’assenza non giustificata rappresenta anch’essa un’interruzione del contratto). La gravità del caso può essere valutata sia in maniera oggettiva che soggettiva; nel primo caso possono incidere i compiti e le mansioni spettanti al dipendente mentre nel secondo le motivazioni dell’assenza possono risultare false o insufficienti. In aggiunta, va sottolineato come l’assenza ingiustificata non possa essere equiparata alle dimissioni volontarie, salvo non vi siano prove che attestino il contrario.

Se il dipendente licenziato ricorre alle vie legali perché ritiene il provvedimento ingiusto oppure eccessivo, spetterà al giudice determinare la legittimità dell’interruzione del rapporto di lavoro. Nel contesto di un procedimento giudiziario, la relazione investigativa rappresenta un elemento importante a disposizione del datore di lavoro, chiamato a rispettare l’onore della prova previsto dal Codice Civile.


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