Come avviene la bonifica delle microspie ambientali

21 Feb , 2019 Indagini Aziendali, Security

Come avviene la bonifica delle microspie ambientali

Nel mondo del lavoro non è raro imbattersi in fenomeni di spionaggio industriale. Questo tipo di azione spesso viene messa in atto dalla concorrenza, al fine di acquisire informazioni riservate: lo strumento utilizzato più di frequente è la microspia e per individuarla è necessario procedere alla cosiddetta ‘bonifica elettronica’ dell’ambiente.

Microspie ambientali: cosa sono e come funzionano

Le microspie ambientali (spesso indicate anche come ‘cimici’) sono piccoli dispositivi elettronici, in grado di recepire un segnale audio e di trasmetterlo ad un ricevitore attraverso una frequenza radio. Il microfono ‘occulto’ include due elementi fondamentali: l’antenna per irradiare il segnale nell’etere e una fonte di alimentazione; quest’ultima in genere è costituita da una pila e rappresenta anche l’elemento di maggiore ingombro dell’intero dispositivo.

Le frequenze utilizzate dalle microspie sono VHF (Very High Frequency) oppure UHF (Ultra High Frequency); le prime si collocano tra i 110 ed i 170 MHz mentre le seconde si attestano sui 400 MHz. Nel primo caso, la microspia ha un filo d’antenna molto lungo (anche superiore al mezzo metro) mentre nel secondo non supera i 20 cm. Le microspie GSM sono, invece, quelle che utilizzano la stessa rete dei telefoni cellulari per la trasmissione radio del segnale.

Il funzionamento di una microspia è largamente subordinato alla potenza della batteria. I fattori principali da tenere in considerazione sono l’autonomia e la portata. La prima dipende dalla grandezza della batteria: una fonte di energia più grande assicura una maggiore durata ma, al contempo, occupa più spazio, ponendo un problema di natura tecnica. La maggior parte delle pile utilizzate per alimentare le microspie sono quelle da 9 Volt ma si possono trovare soluzioni più compatte, come ad esempio le batterie miniaturizzare impiegate nei dispositivi professionali. Il problema dell’autonomia può essere aggirato installando la microtrasmittente all’interno di un dispositivo alimentato dalla rete elettrica o telefonica dalla quale anche la microspia può trarre l’energia necessaria al proprio funzionamento.

La portata, invece, consiste nell’ampiezza del raggio di trasmissione della microspia, ovvero fin dove è in grado di far arrivare il segnale: in genere, tale valore è di cento o duecento metri ma può arrivare anche a cinquecento metri se tra il luogo di cattura e quello di ricezione non vi sono ostacoli particolarmente significativi. Un metodo efficace per ottimizzare la portata di una microspia ambientale è quella di un’antenna direzionale ‘ad alto guadagno’ che può essere orientata in direzione del dispositivo trasmittente per migliorare la qualità della ricezione. Alcuni dispositivi sono dotati di una funzionalità chiamata ‘Vox’ che consente di utilizzare la microspia in maniera più economica, attivandola solo nel caso percepisca voci, suoni o rumori. In tal modo, il dispositivo opera solo quando è strettamente necessario e senza sprecare la carica della batteria.

La capacità di ricezione dipende anche dal tipo di ricevitore utilizzato. Se ne possono utilizzare di vari tipi, da quelli più economici ricavati da un dispositivo radio opportunamente modificato fino agli ‘scanner’ professionali, in grado di sintonizzarsi su numerose frequenze.

Quando fare la bonifica delle microspie ambientali

Le microspie possono essere acquistate liberamente; la legge non vieta di possedere questo tipo di dispositivi ma il loro utilizzo non è sempre lecito. Salvo casi particolari, registrare una comunicazione è reato se chi lo fa non è presente fisicamente durante la conversazione o lo scambio di informazioni; si tratta a tutti gli effetti di un’intercettazione ambientale che, se fatta all’insaputa dei presenti, deve essere autorizzata preliminarmente dalle autorità competenti. In caso contrario costituisce un reato.

Come detto, l’utilizzo delle microspie può avere anche altre finalità, in primis quello di implementare un’azione di spionaggio nei confronti di un’azienda o di una società rivale (non va però escluso anche l’ambito squisitamente privato). L’obiettivo è molto semplice: carpire informazioni riservate ed utilizzarle a proprio vantaggio; l’azienda o il privato che acquisiscono dati sensibili in questo modo possono diffonderli o venderli ad altri competitor del settore o utilizzarli per ricattare l’azienda vittima dello spionaggio.

La bonifica delle microspie ambientali si rende pertanto necessaria quando si registra una fuga anomala di informazioni ma può essere anche effettuata periodicamente come azione preventiva, al fine di evitare che soggetti esterni acquisiscano in maniera fraudolenta dati cruciali per l’attività aziendale. Le microtrasmittenti possono essere installate non solo nei luoghi fisici (case private, negozi, uffici o altro) ma anche sulle autovetture; le microspie per automobili hanno la stessa funzione di quelle ambientali: dotate di microfono incorporato, vengono collocate in punti ‘strategici’ per captare le conversazioni di chi si trova a bordo.

Come si fa la bonifica delle microspie

La bonifica delle microspie ambientali è un servizio offerto da numerose agenzie di investigazione privata. Esiste una prassi ben precisa: la finalità delle operazioni di indagine è quella di rilevare la presenza di microspie, trasmittenti, rilevatori GPS (o qualsiasi altro dispositivo utile a perseguire azioni di spionaggio).

Le operazioni di individuazione (o ‘intercettazione’) dei dispositivi sono diverse. In genere, il primo step consiste nella perlustrazione accurata del perimetro esterno dell’azienda. Questa operazione coniuga una semplice ricognizione visiva con una più approfondita scansione delle frequenze radio presenti nell’area circostante; la stessa procedura va seguita se la bonifica è ‘interna’: la ricerca delle microspie passa anzitutto per un esame visivo degli oggetti di uso comune: spesso, infatti, i dispositivi sono mimetizzati all’interno di orologi da tavolo, sveglie, mouse, penne a sfera o qualsiasi altro oggetto che non dia particolarmente nell’occhio. Per questi ultimi si può procedere anche ad una scansione ‘fisica’, per ispezionarne le cavità interne o il meccanismo.

In secondo luogo si procede alla scansione dell’intensità di campo tramite un dispositivo apposito, il cosiddetto ‘spazzolone’ (un modo colloquiale per indicare un misuratore portatile a radiofrequenza). Questa fase è molto importante non tanto per rilevare la presenza di un solo segnale radio – dal momento che l’atmosfera è saturata di segnali di ogni genere – quanto piuttosto per registrare un valore anomalo, una differente densità tra i materiali.

Per registrare la presenza di un segnale radio ‘estraneo’ si può optare per una scansione più approfondita, tramite strumenti particolarmente sofisticati quali l’analizzatore di spettro o, in alternativa, un ricevitore (detto anche ‘scanner’) multibanda.

La strumentazione in dotazione agli investigatori incaricati di effettuare una bonifica ambientale include anche una termocamera e una lente a infrarossi; la prima serve ad individuare le anomalie termiche (discriminando il decimo grado) potenzialmente prodotte da microspie, mentre la seconda è di grande aiuto per riscontrare la presenza di microfoni laser e telecamere in miniatura. La bonifica può concludersi con l’applicazione di sigilli di sicurezza nei punti più esposti ad eventuale manomissione.

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