Come difendersi dalle microspie da esterno

7 Lug , 2020 Digital Security

Come difendersi dalle microspie da esterno

La tutela della privacy, un tema ormai di stretta attualità in qualsiasi ambito, riveste un ruolo di fondamentale importanza per i soggetti impegnati in attività di tipo economico e commerciale, dal momento che queste implicano l’utilizzo e la trasmissione di dati sensibili ed informazioni riservate che non possono (né devono) essere acquisite da soggetti esterni. Per questo esistono apposite procedure, in grado di individuare e neutralizzare le minacce alla privacy provenienti dall’esterno, rappresentate tanto da dispositivi fisici quanto da software: di seguito vedremo in particolare cosa sono le microspie da esterni e cosa fare per intercettarne la presenza.

Cosa sono le microspie da esterno

In generale, le microspie sono un dispositivo fisico in grado di registrare una serie di stimoli sonori (per mezzo di un microfono miniaturizzato) ‘catturati’ in un determinato ambiente e trasmetterli ad un device di ricezione esterno; rientrano in questo tipo di dispositivi anche le ricetrasmittenti. Esistono vari tipi di microspia che si differenziano per le caratteristiche tecniche e la modalità di funzionamento; quelle da esterno, ad esempio, non solo devono essere di dimensioni ridotte per poter essere occultate e risultare impercettibili alla vista ma, al contempo, devono essere in grado di resistere maggiormente agli agenti atmosferici ed alle intemperie, in quanto non godono della ‘protezione’ che invece possono sfruttare le microspie da interno (che generalmente vengono installate in oggetti cavi di uso comune, quali orologi da tavolo, lampade e simili). In aggiunta, la collocazione esterna rende più difficile il collegamento ad una fonte di alimentazione; per tanto le microspie da esterno tendono a dipendere soltanto dalla propria batteria (una piccola pila a basso voltaggio); per ottimizzarne l’autonomia, quindi, questo genere di dispositivi utilizza una modalità di registrazione ‘intelligente’, che si attiva solo in presenza di uno stimolo sonoro.

Per quanto riguarda il funzionamento, è possibile individuare diversi modelli di microspie da esterno; quelli che fungono da registratori, sono dotati di microfono, pila di alimentazione e di una piccola memoria interna sulla quale vengono registrate le conversazioni o le comunicazioni catturate dal microfono. Le microspie ricetrasmittenti, invece, sono in grado di inviare il segnale captato direttamente al dispositivo di ricezione che si trova ad una certa distanza (affinché la microspia sia efficace, tale distanza non può essere superiore al raggio massimo di trasmissione del dispositivo); infine, ci sono le microspie più sofisticate e moderne che, invece di sfruttare le onde radio per la trasmissione utilizzato la rete GSM – la stessa sulla quale viaggia il segnale dei telefoni cellulari – risolvendo così il problema dell’autonomia energetica.

Le microspie da esterno vengono così denominate in quanto possono essere installate lungo le pareti di case, uffici ed ogni altro genere di edificio; inoltre, si prestano anche ad essere utilizzate in altri contesti, come ad esempio il controllo esterno di un veicolo.

Cosa si intende per bonifiche ambientali

La presenza di una o più microspie all’esterno di un edificio aziendale o un ufficio può mettere a repentaglio la riservatezza di dati e informazioni sensibili. Non a caso, questo genere di dispositivi è particolarmente utilizzato per azioni fraudolente, come ad esempio lo spionaggio industriale. Ragion per cui, le microspie rappresentano a tutti gli effetti una minaccia rispetto alla quale è necessario tutelarsi; come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, il metodo più efficace per individuare le microspie da esterni è una procedura che prende il nome di “bonifica ambientale” (o “bonifica elettronica”). Le operazioni di bonifica vengono affidate a tecnici specializzati che, utilizzando un approccio scientifico e strumenti tecnologici altamente sofisticati, sono in grado di individuare le microspie e le ricetrasmittenti. La procedura non include soltanto la localizzazione dei dispositivi installati in maniera fraudolenta da un soggetto esterno ma anche la messa in sicurezza dei locali.

La bonifica viene definita ‘ambientale’ in quanto prevede che gli agenti incaricati agiscano nei confronti di un determinato ambiente – detto ‘di cattura’, in quanto costituisce l’area in cui le microspie registrano le comunicazioni per memorizzarle o trasmetterle all’esterno – che può essere costituito da una sala, un ufficio o un qualsiasi altro spazio chiuso all’interno di un locale o un edificio. Quando invece la procedura di bonifica si concentra solo sull’individuazione dei device tramite il controllo di specifici dispositivi, viene definita “elettronica”.

Come si trovano le microspie da esterno

Sulla base di quanto sottolineato fin qui, è chiaro che per individuare le microspie da esterno sia necessario ricorrere ad una bonifica ambientale. A tal proposito, è possibile rivolgersi ad un’agenzia di investigazione privata: il soggetto interessato a far effettuare indagini di questo genere può conferire il mandato direttamente all’agenzia oppure avvalersi di un legale rappresentante. Dopo aver concordato i termini dell’operazione, gli agenti incaricati procedono alle procedure di bonifica vere e proprie. La fase preliminare prevede l’acquisizione di alcuni documenti di riferimento, come ad esempio planimetrie e volumetrie, così da poter avere un profilo adeguato delle caratteristiche strutturali dell’ambiente da bonificare. Sulla base di tali informazioni, gli addetti predispongono gli interventi da effettuare.

In genere, la prima fase consiste in una perlustrazione visiva degli esterni, utile non tanto per individuare le microspie occultate ma piuttosto per scovare eventuali segni di effrazione o di manomissione; l’attenzione degli investigatori si concentra principalmente sui punti più vulnerabili che meglio si prestano ad occultare una microspia, come ad esempio le cassette di derivazione o le plafoniere. Questo primo passaggio dell’iter di bonifica viene definito ‘attivo’, in quanto coinvolge direttamente i tecnici e non prevede il ricorso ad alcun dispositivo tecnologico; la fase successiva è quella che, di contro, viene etichettata come “passiva”, in quanto gli investigatori utilizzano appositi strumenti tecnologici per condurre le indagini in maniera più approfondita. La fase attiva della bonifica comincia con l’impiego di un analizzatore di spettro, uno strumento in grado di monitorare la presenza di onde radio nell’atmosfera: poiché ormai quest’ultima è satura, questo dispositivo viene impiegato per individuare picchi di attività anomala, che possono essere sintomatici della presenza di una microspia. Qualora ciò non bastasse, i tecnici possono ricorrere alle termocamere ed ai laser ad infrarossi: nel primo caso, ottengono immagini termografiche – sia in bianco e nero che a colori – mentre nel secondo utilizzano i laser come mezzo di contrasto per individuare eventuali presenze ‘sospette’ all’interno dell’ambiente da modificare. La bonifica si conclude con due procedure: la prima è la messa in sicurezza dei ‘punti sensibili’ e la seconda è la stesura di una relazione tecnica in cui vengono esposti il lavoro svolto ed i risultati ottenuti.


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