Come investigare su dipendenti che non rispettano lo smart working

2 Lug , 2020 Indagini Aziendali

Come investigare su dipendenti che non rispettano lo smart working

Tra le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del virus COVID-19 c’è stata la promozione dello smart working. Il governo ha deciso di facilitare ulteriormente questa modalità di svolgimento delle mansioni lavorative – già esistente e regolamentata da un’apposita legge – per ridurre gli spostamenti dei dipendenti e, di conseguenza, diminuire le possibilità di potenziali assembramenti, soprattutto sui mezzi pubblici e negli uffici. Al contempo, molte aziende hanno potuto risparmiare gli interventi di sanificazione e adeguamento dei locali previsti dal protocollo sanitario, riducendo le perdite dovute alla contrazione dei mercati causata dalla pandemia. Vediamo quindi cos’è e come funziona lo smart working e in che modo è possibile individuare eventuali inadempienze da parte del dipendente che beneficia di questo particolare regime di prestazione lavorativa.

Cosa si intende per smart working

Per smart working, definito anche “lavoro agile”, si intende una particolare modalità di erogazione della prestazione lavorativa che non prevede l’obbligo, da parte del dipendente, di recarsi in maniera continuativa sul luogo di lavoro. In altre parole, come spiega anche Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, si tratta di una forma codificata di lavoro autonomo; lo smart working, infatti, è regolamentato in ogni suo aspetto dal Capo II della Legge n. 81 del 22 maggio 2017 (“Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”).

L’articolo 18 della legge sopra citata definisce il lavoro agile come “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. La normativa stabilisce, inoltre, che “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Come funziona e a chi spetta

Le modalità di svolgimento del lavoro agile, secondo quanto previsto dalla relativa normativa in vigore dal 14 giugno del 2017, devono essere concordate per iscritto per mezzo di un accordo che “disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali” e può essere a tempo determinato o indeterminato. In aggiunta, nell’accordo per l’implementazione del lavoro agile individua “i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Per quanto riguarda le possibilità di recedere dall’accordo di lavoro agile, “in presenza di un giustificato motivo” – si legge all’articolo 19 – “ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato”. Il trattamento economico riservato al dipendente che svolge le proprie mansioni in modalità agile è identico a quello applicato agli altri lavoratori; inoltre, il lavoratore ha il diritto all’apprendimento ed alla tutela degli infortuni sul lavoro ed accesso ad eventuali “incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività”.

Il lavoro agile può essere disposto per qualsiasi tipo di lavoratore subordinato (a patto che le modalità di implementazione dello stesso vengano definite da un accordo scritto) nonché per regolare i rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, “fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti”.

Quali inadempienze può compiere il dipendente

La maggior parte degli oneri, quando si parla di lavoro agile, ricade sul datore di lavoro, in quanto responsabile della sicurezza del dipendente e di altre tutele di varia natura. Ciò non vuol dire che lo smart working esoneri il dipendente da qualsiasi adempimento, benché alcuni vincoli (tempo e luogo in cui fornire la prestazione lavorativa) decadano a favore di una maggiore autonomia personale. La legge n. 81 del 2017, infatti, prevede che l’accordo tra le parti possa strutturarsi anche in “fasi, cicli e obiettivi”; in altri termini, datore di lavoro e dipendente possono concordare degli obiettivi da raggiungere durante il periodo di lavoro agile. Per tanto, un lavoratore dipendente che usufruisce dello smart working è, in buona parte dei casi, chiamato a completare un ciclo produttivo o a raggiungere determinati obiettivi. Nell’eventualità in cui il dipendente non riesca a rispettare le scadenze concordate o a svolgere fino in fondo le mansioni che gli erano state assegnate, può essere considerato inadempiente; di contro, la flessibilità insita nel lavoro agile, fa sì che il mancato rispetto degli orari di ufficio non possa essere considerato come esempio di condotta scorretta da parte del lavoratore.

Come indagare sulle inadempienze

Nel caso in cui il datore di lavoro ritenga opportuno svolgere delle verifiche a carico dei dipendenti che usufruiscono del regime di smart working, ha la possibilità di disporre delle apposite verifiche di controllo rivolgendosi ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in indagini sui dipendenti. Il mandato può essere conferito dal datore di lavoro in prima persona ma nella maggior parte dei casi è un legale rappresentante ad occuparsi di questa incombenza.

La prima fase della procedura investigativa consiste nell’acquisizione, da parte degli investigatori incaricati, dei dati e delle informazioni relative al dipendente da sottoporre ad indagine. In particolare, gli agenti richiedono alcuni documenti specifici, come ad esempio il curriculum, il contratto di lavoro e, naturalmente, l’accordo scritto per lo svolgimento delle mansioni lavorative in modalità agile. In tal modo, gli investigatori ricostruiscono un profilo personale del dipendente, sulla base del quale possono cominciare ad impostare il lavoro investigativo.

La fase successiva delle indagini prevede l’attuazione di una procedura di supervisione, che può essere attiva (pedinamento) o passiva (appostamento). Durante tali operazioni, gli investigatori possono acquisire materiale fotografico e video, in grado di comprovare la condotta del dipendente nell’ambito di un determinato contesto di tempo e luogo. Procedure di questo tipo sono finalizzate principalmente ad accertare i comportamenti tenuti dal lavoratore nell’arco della giornata (anche al di fuori dell’orario di lavoro) soprattutto se, nei casi più estremi, possono pregiudicare la prestazione prevista. Al termine delle procedure di indagine, gli agenti incaricati compilano una relazione tecnica nella quale illustrano il lavoro svolto e i risultati ottenuti. Il documento può essere utilizzato dal mandante delle indagini nell’ambito di un eventuale procedimento giudiziario, con valore probatorio, per adempire all’onere della prova nel caso in cui i riscontri prodotti durante le indagini abbiano rappresentato un valido motivo per l’interruzione del rapporto di lavoro e il dipendente abbia fatto ricorso avverso a tale decisione.


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