Come si verifica se un’azienda è presente nelle liste antiriciclaggio italiane

12 Mag , 2020 Business Intelligence

Come si verifica se un’azienda è presente nelle liste antiriciclaggio italiane

Le partnership economiche e commerciali, sia di carattere nazionale che internazionale, impongono ad entrambi gli attori coinvolti di svolgere specifiche verifiche, sia prima che durante la fase di contrattazione dei termini di un eventuale accordo. Ciò accade soprattutto nell’ambito di procedure specifiche quali fusioni, acquisizioni o partecipazioni azionarie; in casi del genere, almeno una delle parti dispone una procedura investigativa di controllo che viene denominata “due diligence”, ossia “diligenza dovuta”. Quest’ultima serve a tutelare gli interessi della parte maggiormente esposta (in genere l’acquirente) implementando una più approfondita cognizione della controparte (il target dell’acquisizione).

Cosa sono le liste antiriciclaggio in Italia

Una parte delle investigazioni per due diligence consiste nelle cosiddette “indagini di conformità” (dette anche “compliance check”); questa particolare procedura prevede anche il controllo di speciali elenchi di nominativi, tenuti dalle autorità nazionali ed internazionali, come ad esempio le liste antiriciclaggio.

È bene anzitutto ricordare che, secondo il codice penale italiano, il riciclaggio è quel reato commesso da chiunque “sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Dal 2007, è entrato in vigore in Italia il Decreto Legislativo n. 231 del 21 novembre ad attuazione di due direttive europee: la 2005/60/CE (che riguarda la prevenzione del riciclaggio e dei finanziamenti alle attività terroristiche) e la 2006/70/CE (riguardante le misure di attuazione). Il Decreto ha sancito l’istituzione della UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia che svolge le seguenti attività:

  • Analizza i flussi finanziari per prevenire manovre di riciclaggio;
  • Riceve le segnalazioni di operazioni sospette (inviate dai soggetti obbligati per legge);
  • Elabora modelli e schemi procedurali;
  • Può sospendere operazioni sospette, su segnalazione degli organi competenti, per un massimo di cinque giorni.

Tutte le informazioni acquisite dalla UIF sono coperte da segreto d’ufficio ma, in deroga a quest’ultimo, possono essere scambiate con altre autorità analoghe ai fini di una collaborazione. Il Decreto prevede, inoltre, che “la UIF stipula con la Guardia di finanza e la DIA protocolli d’intesa ove sono previste le condizioni e le procedure con cui queste scambiano, anche direttamente, dati ed informazioni di polizia con omologhi organismi esteri ed internazionali”. In sostanza, la legge non prevede alcun pubblico accesso alle informazioni raccolte dalla UIF o dalle autorità affini.

Per i soggetti che si occupano di intermediazione finanziaria, invece, il Decreto prevede un obbligo di registrazione (articolo 36) e la verifica della clientela; tali procedure possono essere agevolate per mezzo della creazione di un archivio unico informatico (articolo 37), obbligatoria “solo qualora vi siano dati o informazioni da registrare”. La tenuta dell’archivio si basa sulle disposizioni della Banca d’Italia; quest’ultima ha poi introdotto anche uno specifico protocollo, il KYC (acronimo di “know your costumer”, ossia “conosci il tuo cliente”) e pubblica, sul proprio sito ufficiale, il rapporto stilato dall’Unione Europea sugli istituti bancari che sono stati coinvolti in casi di riciclaggio.

In sintesi, nessun organo di vigilanza stila alcun tipo di “lista antiriciclaggio”, come potrebbe essere il database della UIF che, come detto, è vincolato dal segreto d’ufficio. Per questo, alcuni operatori specializzati nel settore investigativo stilano in maniera autonoma un elenco di nominativi che identificano persone collegate a casi di riciclaggio, attingendo a fonti autorevoli e verificate (stampa, media o altro). In genere, le liste antiriciclaggio sono organizzate all’interno di un software, per mezzo del quale è possibile estrapolare rapidamente uno o più nominativi, con le relative informazioni.

Come si effettuano verifiche ed indagini

Il controllo delle liste antiriciclaggio, come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, viene in genere commissionato ad un’agenzia di investigazione privata che svolge tale procedura all’interno delle indagini di conformità previste dalla due diligence (generica o finanziaria). Naturalmente, è necessario che il soggetto che disponga questo tipo di verifica affidi il mandato all’agenzia; ciò può essere fatto sia personalmente sia per il tramite di un legale rappresentante. Dopo un contatto preliminare, il mandante e l’agenzia incaricata fissano gli obiettivi delle indagini e stipulano un accordo. Fatto ciò, procedono all’acquisizione della documentazione relativa al soggetto da sottoporre ad indagine: se si tratta di un’azienda o di una società, l’acquisizione ha per oggetto l’organigramma societario ed un eventuale elenco di collaboratori esterni. Tale procedura implica la sottoscrizione di un accordo preliminare per mezzo del quale gli investigatori assicurano un adeguato trattamento delle informazioni sensibili o riservate.

Trovato un accordo con il target delle indagini, gli investigatori che hanno accettato il mandato utilizzano le proprie liste e i propri software di controllo alla ricerca di riscontri. In genere le indagini si concentrano prima sulle persone fisiche più vicine al soggetto od all’azienda indagata per poi spostarsi su persone fisiche che abbiano avuto rapporti di collaborazione o di altra natura con il target delle indagini. Le verifiche di conformità possono integrare la due diligence finanziaria che analizza il pregresso operativo di un’azienda oggetto di una possibile fusione o acquisizione.

Al termine delle indagini, gli investigatori stilano una relazione tecnica all’interno della quale vengono illustrati il lavoro svolto e i risultati ottenuti, in relazione agli obiettivi fissati preventivamente con il mandante delle verifiche.

Perché è importante sapere la condizione di un’azienda

Le indagini di conformità, e la due diligence più in generale, rappresentano uno strumento di tutela nelle mani del soggetto che le richiede. Nell’ambito di una procedura di fusione o acquisizione, l’acquirente ha necessità (o, più di rado, è obbligato per contratto) di svolgere verifiche a carico del target dell’acquisizione. Il motivo principale consiste nell’accertare la veridicità delle informazioni fornite dalla controparte circa gli aspetti economico, finanziario, gestionale, reputazionale e operativo. In altre parole, la due diligence si pone l’obiettivo di individuare eventuali discrepanze, difformità o omissioni; queste ultime, una volta portate all’attenzione dell’acquirente (o del soggetto maggiormente “esposto”) possono incidere sulle strategie decisionali e sullo sviluppo delle contrattazioni, orientandole in un senso o nell’altro. Le verifiche di cui sopra integrano anche le strategie di analisi e gestione del rischio (risk management) approntate in vista di una qualsiasi operazione economica e finanziaria che richieda uno sforzo particolarmente significativo. Sulla base dei riscontri emersi dalle indagini di conformità, infatti, il mandante delle verifiche potrebbe scegliere di interrompere le contrattazioni e ritirarsi, oppure portarle avanti sulla base di termini ricalibrati in base alle criticità emerse. Per quanto concerne il risk management, non è detto che la presenza di fattori di rischio sia pregiudizievole nei confronti del closing di una trattativa ma di certo aiuta il potenziale acquirente a valutarne l’eventuale accettazione approntando tutte le contromisure necessarie al contenimento od alla neutralizzazione dello stesso.


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