Il controllo WhatsApp dei tuoi dipendenti è legale? Ecco come muoverti
Il sempre maggiore utilizzo dei cellulari per la messaggistica istantanea, spinge molti datori di lavoro ad esercitare il controllo su WhatsApp dei dipendenti che si sospetta siano infedeli.
È sufficiente provare che il dipendente fosse online durante l’orario di lavoro per potergli inviare una legittima lettera di richiamo disciplinare? Oppure si può licenziare per giusta causa un lavoratore che in chat denigra il proprio datore di lavoro?
Sebbene ci siano diverse modalità con cui attuare questo tipo di verifica, la legge da questo punto di vista tutela il lavoratore. Come sempre accade quando si ha un quadro giuridico complesso come quello attuale, bisogna quindi muoversi con attenzione.
La tutela della privacy è disciplinata dallo Statuto dei Lavoratori, da alcune norme ordinarie e finanche dalla Costituzione. In questo ambito, il controllo su WhatsApp dei dipendenti è oggetto di un notevole lavoro dei tribunali.
Su questo punto, vale la pena citare la sentenza del 16 ottobre 2019 n. 764 del tribunale del Lavoro di Firenze che riguardava un licenziamento scaturito dal controllo su WhatsApp di un dipendente che, all’interno della chat, denigrava i superiori e i colleghi.
Sebbene l’azienda fosse venuta a conoscenza di tale chat senza un’intromissione informatica, ma dalla segnalazione di un soggetto appartenente alla chat, il lavoratore licenziato si è opposto al licenziamento in nome dell’articolo 15 della Costituzione: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”.
In questo contenzioso, anche la Cassazione si è espressa (Cass. 10280/2018 e Cass. 21965/2018) distinguendo tra:
- messaggi diffusi con strumenti idonei a raggiungere un numero indeterminato di persone, come la bacheca Facebook;
- messaggi idonei a un accesso limitato e inviati tramite strumenti come una chat Facebook o WhatsApp privata.
Nel primo caso, si ha natura diffamatoria la quale può risultare nel licenziamento per giusta causa, mentre nella seconda ipotesi è esclusa la condotta diffamatoria. Pertanto, il Tribunale fiorentino ha escluso l’intento diffamatorio del lavoratore che aveva denigrato all’interno di una chat privata.
Di conseguenza, il comportamento del datore di lavoro che esercita il controllo su WhatsApp dei dipendenti si configura come reato.
Perché non si può controllare il WhatsApp dei dipendenti?
I messaggi di Whatsapp, diretti a cerchia chiusa di partecipanti, sono considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile.
Pertanto chi rivela a terzi il contenuto della chat commette il reato di violazione del segreto della corrispondenza, punito penalmente dal Codice Penale (articoli 616 , 617, 617- septies).
Ancora più grave è il caso del datore di lavoro che esercita un controllo su WhatsApp dei dipendenti e si procura illecitamente eventuali messaggi o registrazioni. In questo caso si ha violazione della privacy del lavoratore e reato di accesso abusivo a sistema informatico (articolo 615 del Codice Penale).
È bene ricordare che la privacy è uno dei diritti fondamentali dell’uomo e consiste nella protezione dei dati personali definiti dall’articolo 4 del Regolamento UE N. 2016/679: “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile […]”.
Pertanto, il lavoratore che si vede leso dal proprio datore di lavoro a causa di un controllo WhatsApp dei dipendenti, può procedere con una denuncia penale e una richiesta del risarcimento del danno oppure con reclamo, segnalazione o ricorso al Garante della Privacy.
In questa complessità legale, come può un imprenditore tutelarsi dai comportamenti infedeli di un dipendente?
Le investigazioni come alternativa al controllo WhatsApp dei dipendenti
Chiarito che il controllo WhatsApp dei dipendenti non è legale, vediamo come un datore di lavoro può tutelarsi nei casi di comportamenti sleali e infedeltà del lavoratore.
In ogni caso, il modo migliore per far valere la propria posizione e non rischiare di essere querelato dal dipendente, è rivolgersi a un’agenzia specializzata in investigazioni aziendali come INSIDE.
Quest’ultima, dal 2014 si schiera a fianco delle imprese per supportarle nella tutela del patrimonio e dei diritti contro frodi e abusi.
I nostri investigatori sono dei professionisti, profondi conoscitori della materia legale e questo permette di trovare la modalità migliore per tutelare il datore di lavoro e la sua azienda.
Durante un primo colloquio analizziamo la situazione e preventiviamo tempi e modalità operative, dopodiché lavoriamo con rapidità e discrezione per raccogliere prove certe.
Al termine delle indagini avrai poi un report dall’alto valore giuridico che potrai utilizzare per difendere la tua posizione sia in fase stragiudiziale sia dinanzi al giudice. Certo di non avere nulla da temere.
Come afferma Alessio Piccinni, Intelligenge & Cybersecurity Analyst di INSIDE Intelligence & Security Investigations:
“per quanto oggigiorno possa sembrare semplice effettuare un controllo sul WhatsApp dei dipendenti e scovare atti di infedeltà aziendale, il prezzo da pagare può essere molto elevato. Infatti, non sono pochi i casi in cui un imprenditore si sia ritrovato a dover risarcire il lavoratore infedele e a rischiare anche una condanna penale. Questo accade quando l’emotività prende il sopravvento e ci si affida al fai-da-te. In questi casi, invece, avere un partner affidabile come INSIDE per svolgere delle indagini, consente ai datori di lavoro di essere tutelati e di non correre alcun rischio.”
Se sospetti la malafede di uno o più dei tuoi dipendenti, contatta INSIDE e richiedi una consulenza preliminare totalmente gratuita e avrai un servizio su misura per tutelare la tua azienda.