Cos’è l’accordo di segretezza e come si indaga in caso di mancato rispetto
Quando si stringono accordi di collaborazione tra due aziende o società, spesso si mettono a disposizione della controparte informazioni sensibili e dati riservati oppure elementi protetti dal segreto industriale; lo stesso può accadere quando si assumono nuovi dipendenti o dirigenti: per tutelarsi contro la divulgazione incontrollata di qualsiasi notizia destinata a restare segreta, le aziende possono ricorrere ad un accordo di segretezza da sottoporre alla controparte: vediamo di seguito di cosa si tratta.
Cos’è l’accordo di segretezza
L’accordo di segretezza è noto anche come accordo (o patto) di non divulgazione (in inglese: non-disclosure agreement, NDA) o accordo di riservatezza e, com’è facile intuire già dal nome, consiste in un accordo che impedisce ad una o entrambe le parti di diffondere fatti, informazioni, dati o notizie che, per la loro natura, devono rimanere riservate. In genere, un accordo di questo tipo viene stipulato tra due aziende che decidono di collaborare ad un progetto comune; poiché la collaborazione implica la condivisione di informazioni confidenziali, come ad esempio brevetti, conoscenze (il cosiddetto know how), strategie finanziarie e commerciali ed altre informazioni la cui diffusione comporterebbe danni di varia natura all’azienda che le detiene. Il patto viene stipulato sotto forma di contratto scritto, all’interno del quale vengono individuate le informazioni vincolate all’obbligo di riservatezza; in aggiunta, l’accordo contrattuale specifica quale parte sia sottoposta a tale obbligo, in quanto l’accordo di segretezza può avere sia carattere di mutualità (ossia ricadere su entrambe le parti) sia imporre la riservatezza ad una sola delle controparti.
Per questo motivo, un accordo di segretezza può essere stipulato anche tra datore di lavoro e dipendente, specie se quest’ultimo, una volta assunto, si trovi a venire a conoscenza di informazioni di natura confidenziale. In tal caso, un patto di non divulgazione è uno strumento ulteriore nelle mani del datore di lavoro per far rispettare al dipendente l’obbligo di fedeltà, disciplinato dall’articolo 2105 del Codice Civile, secondo il quale il prestatore di lavoro non deve “né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”. L’accordo di segretezza non va confuso con il patto di non concorrenza (inerente alle pratiche concorrenziali considerate sleali) che impone determinati obblighi al lavoratore a partire dal momento in cui lascia l’azienda.
Perché viene utilizzato
Un accordo di non divulgazione serve principalmente a tutelare l’immagine e gli interessi di almeno una delle parti che lo sottoscrivono. Come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, un patto di segretezza si propone l’obiettivo di evitare la circolazione e la diffusione incontrollata di informazioni che, se rese pubbliche, danneggerebbero le attività dell’azienda. In particolare, quest’ultima perderebbe tutti gli eventuali vantaggi derivati dallo sviluppo di soluzioni e strategia alternative differenti rispetto a quelle attuate dai soggetti concorrenti che operano nel medesimo settore di mercato.
Il patto di segretezza serve, inoltre, ad evitare -o limitare il più possibile – gli atti di concorrenza sleale, individuati dal Codice Civile; il comma 2 dell’articolo 2598, in particolare, proibisce la diffusione di “notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente”. Tali disposizioni illustrano efficacemente lo scopo ultimo di un accordo di riservatezza, che si può sintetizzare nella tutela del segreto industriale.
Come si indaga se non si rispetta
Non è facile individuare, almeno nell’immediato, i casi in cui ci sia stata una qualche violazione degli accordi di non divulgazione. In genere, l’effetto della ‘fuga’ di informazioni confidenziali si concretizza sul medio o lungo periodo, provocando un danno economico o di immagine all’azienda detentrice dei dati protetti da segreto. Qualora emergano fin da subito ‘segnali’ che possano suggerire una diffusione incontrollata di notizie e informazioni destinate a rimanere confidenziali, l’azienda può disporre delle indagini di controllo sulla fedeltà aziendale. Per fare ciò è necessario rivolgersi ad un’agenzia di investigazione privata, specializzata nella fornitura di servizi di investigazione aziendale. Il mandato può essere conferito direttamente dal titolare dell’azienda, in prima persona, oppure tramite un legale rappresentante (l’opzione generalmente più diffusa).
La procedura investigativa prende le mosse dalle informazioni relative ai dipendenti che avevano sottoscritto un patto di non divulgazione; gli agenti incaricati acquisiscono una vasta gamma di documenti: contratti di lavoro, curriculum, lettere di presentazione e referenze. In tal modo è possibile sia individuare tracciare un profilo personale e professionale del target delle indagini sia circoscrivere il campo di indagine ai dipendenti che hanno sottoscritto un accordo di non divulgazione.
La fase successiva consiste nella osservazione del soggetto: può essere dinamica (pedinamento) o statica (appostamento); lo scopo di questa procedura è quella di raccogliere materiale fotografico o video per collocare il target dell’indagine all’interno di un determinato contesto di luogo e di tempo. In tal modo, gli investigatori possono documentare gli spostamenti del dipendente al di fuori dell’orario di lavoro; è bene ricordare che, secondo quanto disposto dallo Statuto dei Lavoratori, le indagini a carico dei dipendenti sono ammesse – anche da parte di terzi – solo se riguardano la sfera professionale mentre l’utilizzo di dispositivi e sistemi di registrazione video è ammissibile solo per motivi di sicurezza.
Dopo la supervisione, gli agenti possono procedere al controllo dei dispositivi digitali in dotazione al dipendente sottoposto ad indagine. Attraverso tecniche di Computer e Digital Forensics (Informatica forense), i tecnici incaricati acquisiscono i dati contenuti nei dispositivi di memorizzazione, per provare ad individuare tracce di accessi forzosi, modifiche o cancellazioni di informazioni riservate e potenzialmente sensibili. Al fine di verificare che la ‘fuga’ di dati non abbia un’origine esterna all’azienda stessa, è possibile approntare anche un’analisi delle strutture digitali, per mezzo di una procedura di Network Forensics (analisi forense delle reti). Una volta esaurite tutte le indagini, sulla base di quanto concordato preliminarmente con il mandante delle stesse, gli agenti redigono una relazione tecnica, all’interno della quale viene illustrato il lavoro svolto ed i risultati ottenuti.
Cosa succede in caso di mancato rispetto
Se le indagini aziendali riescono a comprovare la diffusione fraudolenta di informazioni confidenziali e ad individuarne l’autore, l’azienda può agire di conseguenza. In primo luogo, si può fare riferimento alle clausole di riservatezza ed alle relative penali previste in caso di violazione. Le ripercussioni a carico del dipendente possono essere di natura economica (risarcimento danni) o lavorativa (rescissione del contratto), purché rientrino nelle opzioni previste e concordate nel contratto. In entrambi i casi ci possono essere risvolti di natura legale e giudiziaria e, nell’ambito di un processo, l’azienda può impugnare la relazione tecnica fornita dagli investigatori come prova a sostegno dei provvedimenti presi a carico del dipendente, ottemperando così al cosiddetto “onere della prova”.