Come indagare sul falso infortunio e come fare denuncia
Gli infortuni sul lavoro sono, purtroppo, piuttosto frequenti. A tutela del dipendente infortunato esistono i permessi retribuiti che vengono erogati nel caso in cui un incidente impedisca al lavoratore di recarsi sul luogo di lavoro o di svolgere regolarmente le proprie mansioni. Non di rado, si registra un abuso di tali permessi, perpetrato per mezzo di certificazioni mediche che attestano uno stato di infortunio fittizio; in tal modo, il dipendente utilizza il permesso e la certificazione come espedienti per mette in atto una condotta assenteista che può avere ripercussioni considerevoli sul rapporto lavorativo.
Cos’è un infortunio sul lavoro
In generale, si parla di infortunio sul lavoro in relazione ad un evento di origine traumatica; come si apprende sul sito ufficiale dell’INAIL, l’espressione indica “ogni incidente avvenuto per “causa violenta in occasione di lavoro” dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni. Si differenzia dalla malattia professionale poiché l’evento scatenante è improvviso e violento, mentre nel primo caso le cause sono lente e diluite nel tempo”.
Per causa violenta si intende qualsiasi fattore esterno, che agisce all’interno dell’ambiente dove si svolge la prestazione lavorativa e si caratterizza per “efficienza, rapidità ed esteriorità”. In altri termini, si tratta di un’aggressione di origine esterna che danneggia l’integrità psico-fisica del lavoratore: può essere portata da sforzi muscolari, virus, parassiti o sostanze tossiche. L’infortunio può essere provocato da una struttura dell’apparato produttivo o da situazioni riconducibili direttamente al lavoratore od alla mansione svolta da quest’ultimo. Per tanto, affinché si tratti di un infortunio sul lavoro non è sufficiente che l’incidente si verifichi durante l’orario o sul luogo di lavoro ma, come specifica l’INAIL, “deve esistere, in sostanza, un rapporto, anche indiretto di causa-effetto tra l’attività lavorativa svolta dall’infortunato e l’incidente che causa l’infortunio”. Non rientrano nella casistica tutelata gli infortuni provocati da qualsiasi condotta estranea alle mansioni lavorative mentre vi rientrano anche quelli imputabili a negligenza ed imperizia.
Un caso particolare, più specifico, è rappresentato dall’infortunio in itinere, ossia da un incidente occorso al lavoratore durante “il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro”. In questa definizione rientrano anche gli spostamenti che prevedono deviazioni o l’utilizzo di un mezzo privato, ma solo se dovuti a cause di forza maggiore o strettamente necessari.
Cos’è un falso infortunio
Un infortunio sul lavoro è falso quando il dipendente simula un danno subito nello svolgimento delle proprie mansioni. Come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, il falso infortunio si concretizza nel momento in cui il lavoratore produce, grazie alla collaborazione di un medico connivente o negligente, una certificazione medica che attesta l’esistenza di un danno psico-fisico che non trova riscontro nella realtà.
L’infortunio risulta ‘falso’ perché non vi è alcun danno di natura psico-fisica; il dipendente, in tal caso, simula sia l’evento che gli effetti dello stesso in modo tale da poter giustificare l’assenza dal luogo di lavoro.
Come indagare per un falso infortunio
Al fine di tutelare i propri interessi, nel caso in cui il comportamento di un dipendente desti sospetti consistenti, il datore di lavoro può dare mandato ad un’agenzia di investigazione privata di svolgere delle indagini di controllo.
La prima fase dell’iter investigativo consiste nella raccolta, da parte degli agenti, delle informazioni inerenti al soggetto da sottoporre a indagine. Nello specifico, gli investigatori incaricati acquisiscono i dati anagrafici e lavorativi del dipendente in possesso dell’azienda, ovvero curriculum, lettere di referenze, contratto di assunzione, registro delle presenze, scheda personale e quant’altro possa essere utile a delineare un profilo professionale del lavoratore. Sfruttando i riscontri desunti dal materiale acquisito, gli agenti possono mettere a punto la seconda fase dell’indagine: la supervisione, che può essere attiva (pedinamento) o passiva (appostamento). La procedura è finalizzata all’acquisizione di materiale fotografico e video, per mezzo del quale gli agenti sono in grado di collocare il dipendente entro un determinato contesto di tempo e luogo; in aggiunta, i riscontri acquisiti in fase di supervisione possono attestare se il lavoratore mette in atto condotte e comportamenti non congruenti con lo stato di infortunio comunicato all’azienda presso la quale è impiegato; nello specifico, tale condotta può essere non solo incompatibile con il presunto infortunio ma anche risultare pregiudizievole nei confronti di una completa guarigione.
Una ulteriore verifica consiste nell’analizzare il passato lavorativo del dipendente alla ricerca di possibili “precedenti” di false dichiarazioni di infortunio che potrebbero non essere emerse durante la fase di valutazione precedente l’assunzione.
La procedura d’indagine si conclude con la stesura, da parte degli agenti incaricati, di una relazione finale, all’interno della quale viene esposto il lavoro svolto ed i risultati ottenuti. Il documento viene consegnato al mandante delle indagini, ossia il titolare d’azienda o un legale rappresentante.
Come denunciare un falso infortunio
Se quanto emerso durante le indagini di controllo conferma i sospetti relativi alla natura fittizia degli infortuni comunicato dal dipendente, il datore di lavoro ha il diritto di prendere il provvedimento che ritiene più opportuno.
Le indagini svolte nelle modalità sopra esposte sono legali, anche alla luce di quanto disposto dallo Statuto dei Lavoratori; esso, da un lato vieta gli “accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente” (articolo 5, comma 1) ma, dall’altro, ammette i controlli, anche da parte di terzi, purché non riguardino le “opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore” (articolo 8). Quindi, in generale, le indagini sono ammesse; i risconti ottenuti e sintetizzati nella relazione stilata dagli agenti possono avere valore probatorio a favore del mandante delle investigazioni nell’ambito di un eventuale procedimento in cui sia coinvolto contro il dipendente assenteista.
Una volta accertata la natura fallace dell’infortunio, il datore di lavoro può procede a comminare una sanzione al dipendente; l’entità del provvedimento può andare dalla semplice multa al licenziamento per giusta causa, al quale può far seguito una denuncia per truffa.Durante il procedimento giudiziario che scaturisce dalla denuncia (è molto probabile, infatti, che il lavoratore licenziato decida di impugnare la rescissione del contratto e faccia appello all’autorità giudiziaria), il datore di lavoro – in quanto parte offesa – può presentare anche la relazione investigativa come prova a supporto del provvedimento, espletando il cosiddetto “onere della prova”, secondo quanto previsto dall’articolo 2697 del Codice Civile. Se l’assenza dal luogo di lavoro ha causato danno all’azienda, il dipendente che ha simulato l’infortunio rischia di essere denunciato per danni. Naturalmente, spetta poi al giudice, nel corso di un processo penale, valutare le peculiarità del caso di specie e di pronunciarsi con una sentenza a favore di una delle parti.