Come indagare per denunciare la falsa malattia del dipendente all’autorità giudiziaria

21 Mag , 2019 Indagini Aziendali

Come indagare per denunciare la falsa malattia del dipendente all’autorità giudiziaria

L’assenteismo è un malcostume piuttosto diffuso all’interno del mondo del lavoro. tanto nel settore pubblico quanto in ambito privato non mancano i dipendenti che si assentano dal luogo di lavoro in maniera arbitraria, per cause meramente personali e senza un valido motivo. Un dipendente assenteista è tale in quanto adduce motivazioni fittizie – ossia non basate su alcuna condizione o contingenza reale – per assentarsi; una di queste, in genere, è una condizione di malattia o infortunio (inesistente) attestata anche grazie alla collaborazione di un medico compiacente. Vediamo di seguito tutto quanto c’è da sapere, sia dal punto di vista normativo sia da quello investigativo.

Falsa malattia, di cosa si tratta

Quando si parla di falsa malattia – in ambito lavorativo – ci si riferisce ad una condizione inesistente di malattia o infortunio. In altre parole, il lavoratore dipendente dichiara – grazie alla collaborazione di un medico connivente – di patire uno stato di malattia oppure di essere alle prese con un infortunio che, in realtà, non sussistono al fine di ottenere ore o giorni di permesso retribuito. Le cause che spingono un lavoratore a dichiarare una falsa malattia possono essere molteplici; in alcuni casi, l’assenza dal luogo di lavoro assume un carattere strategico, in quanto il prestatore di lavoro sceglie in modo ‘tattico’ i giorni di assenza, magari per anticipare o prolungare il week end, o per svolgere una seconda attività lavorativa. Talvolta, invece, i permessi sono orientati ad evitare turni particolarmente onerosi, come quelli notturni o durante il fine settimana.

La falsa malattia è un reato?

Prima di vedere se e quando dichiarare (falsamente) uno stato di malattia per assentarsi dal luogo di lavoro è necessario inquadrare i diritti del lavoratore in tal senso. In generale, assentarsi non è un reato, anzi: se il dipendente non può recarsi sul luogo di lavoro e dimostra che tale impossibilità è dovuta ad una valida motivazione, egli non fa altro che esercitare un proprio diritto. A tal proposito, però, va anche sottolineato come esista un limite alle assenze – quantificabili in ore o giorni lavorativi – che costituisce il cosiddetto ‘comporto’.

Il periodo di comporto può essere calcolato ‘a secco’ oppure ‘per sommatoria’; nel primo caso le assenze sono continuative, nel secondo invece sono saltuarie. Se il dipendente supera il termine di comporto fissato da contratto, scatta il licenziamento (fatta eccezione per alcuni casi di specie).

Tenuto conto di questa premessa, è possibile affermare che la falsa malattia costituisce un reato. Il dipendente che si assenta dal luogo di lavoro dichiarando, in maniera fraudolenta, di essere malato o infortunato, si espone a sanzioni di varia entità che, nel peggiore dei casi, possono assumere la forma del licenziamento per giusta causa. A suffragare questa eventualità c’è una vasta giurisprudenza.

La Corte di Cassazione, infatti, si è espressa più volte in materia. Il dipendente che simula uno stato di malattia mette in atto una condotta gravemente sleale nei confronti del proprio datore di lavoro, venendo meno all’obbligo di fedeltà (imposto dal Codice Civile) che egli deve osservare nei confronti di quest’ultimo (ciò accade anche quando, ad esempio, la falsa malattia serve ad assentarsi per svolgere un’altra attività lavorativa). In altri termini, il rapporto fiduciario che deve esistere tra prestatore e datore di lavoro risulta minato a tal punto da rendere legittima l’interruzione del rapporto di lavoro, anche nel caso in cui il dipendente non abbia superato il periodo di comporto.

La legittimità del licenziamento si concretizza anche nel caso in cui il dipendente che dichiara una falsa malattia è in perfetta salute oppure mette in atto comportamenti che ritardano o pregiudicano la completa guarigione da un reale stato di degenza. In aggiunta, il lavoratore è sanzionabile anche qualora non sia risultato reperibile durante le visite fiscali. Più in generale, produrre un’attestazione medica fittizia per simulare uno stato di malattia si configura come reato sia per la falsità della dichiarazione sia per la mancata erogazione della prestazione lavorativa che, a sua volta, produce una ricezione indebita della remunerazione (erogazioni statali nel caso di un dipendente della pubblica amministrazione).

Come indagare un sospetto di falsa malattia

Alla luce di quanto visto fin qui, è naturale come sia nel pieno interesse del datore di lavoro accertarsi della buona condotta dei propri dipendenti ed in particolare della veridicità delle certificazioni di malattia o infortunio.

L’azienda, tramite il titolare od un legale rappresentante, può rivolgersi ad un’agenzia di investigazioni privata e dare mandato per lo svolgimento di indagini di controllo. In tal modo egli può assolvere il cosiddetto ‘onere di prova’ a suo carico.

Lo conferma anche la sentenza n. 17113 emessa il 16 agosto 2016 dalla Corte di Cassazione. La Corte, nella fattispecie, si espresse a favore del datore di lavoro respingendo il ricorso avverso al licenziamento inoltrato dal dipendente; quest’ultimo, infatti, lamentava che l’assunzione di un investigatore privato (poi intervenuto nel processo con una deposizione) violasse alcune disposizioni dello Statuto dei Lavoratori. Nella sentenza, la Corte ha, da un lato, sottolineato come un’agenzia non possa svolgere attività di sorveglianza durante l’orario di lavoro; dall’altro, però, ha giustificato il ricorso ad un investigatore privato “non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione” poiché il datore di lavoro può “decidere autonomamente come e quando compiere il controllo, anche occulto, essendo il prestatore d’opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro”.

Come denunciare la falsa malattia all’Inps

Quando un dipendente presenta un certificato medico per giustificare l’assenza da lavoro, viene fatta la ‘denuncia’ della malattia, ovvero viene effettuata una comunicazione all’INPS. L’ente provvede successivamente a disporre la visita fiscale di controllo, per verificare se il lavoratore è reperibile ed è effettivamente malato o infortunato.

Nel caso in cui, invece, il datore di lavoro abbia prove tali da dimostrare la falsità della dichiarazione prodotta dal proprio dipendente, può perseguire due strade: licenziare il dipendente oppure sporre denuncia presso le autorità competenti. Nel secondo caso, l’azione legale da parte dell’azienda può contemplare una denuncia al tribunale richiedendo una consulenza medico-legale. Se gli esiti di quest’ultima dimostrano che la certificazione medica prodotta dal dipendente attesta il falso, può procedere al licenziamento in tronco oppure proseguire l’azione legale, intentando una causa per truffa contro il lavoratore (anche per ottenere la restituzione delle retribuzioni elargite durante il periodo di assenza); il medico, firmatario dei certificati fittizi, può essere parimenti denunciato, non per truffa ma per falso ideologico, in quanto colpevole di aver attestato coscientemente il falso rispetto allo stato di salute del paziente.

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