Divieto di concorrenza a dipendente: guida e consigli su come verificarne il rispetto

Spesso guidate dalla necessità di un guadagno maggiore o dal desiderio di cogliere un’opportunità di crescita professionale, molte persone scelgono di svolgere un doppio lavoro, ignorando il cosiddetto divieto di concorrenza del dipendente.
Non è raro, però, che tale divieto non venga rispettato semplicemente perché alcuni lavoratori in buona fede non lo conoscono e accettano un secondo lavoro con il rischio di commettere atti contrari alla legge e di subire gravi conseguenze.
Tuttavia, un principio legislativo cardine nella maggior parte dei Paesi è che la legge non ammette ignoranza, previsto anche dall’articolo 5 del codice penale italiano. Pertanto, nel caso in cui si contravvenga a dei divieti imposti dalla legge, non ci si può difendere semplicemente eccependo il fatto di non conoscerli.
Per questo motivo, è bene che ogni lavoratore dipendente conosca i precisi obblighi che ha nei confronti del proprio datore di lavoro. Obblighi che vengono stabiliti dalla legge e che, in caso di loro contravvenzione, possono determinare anche il licenziamento per giusta causa del lavoratore.
Tuttavia, non esistono solo dipendenti in buona fede, ma anche tanti lavoratori che tengono una cattiva condotta durante lo svolgimento delle proprie mansioni o che compiono atti di concorrenza sleale al fine di ledere l’azienda presso cui lavorano.
Si tratta di azioni che hanno gravi ripercussioni sull’azienda e che ne minano l’efficienza e la stabilità. Per questo motivo, i datori di lavoro che sospettano di essere vittime di tali comportamenti sleali possono beneficiare delle investigazioni aziendali svolte da agenzie specializzate come INSIDE. Con il nostro supporto si può infatti essere tutelati in via preventiva e ottenere prove per richiedere un risarcimento, nel caso si subisca un danno.
Scopriamo quindi più nel dettaglio in cosa consiste il divieto di concorrenza del dipendente, cosa stabilisce la legge a riguardo e come verificarne il rispetto.
Il divieto di concorrenza del dipendente secondo la legge italiana
Come abbiamo detto in apertura, ogni lavoratore dipendente ha degli obblighi da rispettare nei confronti del proprio datore di lavoro. Tali obblighi sono imposti dalla legge e, quando si parla di divieto di concorrenza del dipendente, la fonte normativa da richiamare è il codice civile.
Infatti, la base su cui si fonda il corretto rapporto di lavoro dipendente è la cosiddetta diligenza del prestatore di lavoro, contenuta nell’articolo 2104 c.c. . Quest’ultimo stabilisce che “Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.”
Tuttavia un dipendente non deve rispettare solo il principio di diligenza, ma deve anche sottostare all’obbligo di fedeltà. Tale obbligo è disciplinato dall’articolo 2105 c.c. che recita:
“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”
Va precisato che, perché si abbia una violazione di questi obblighi, non è necessario che il compimento di un’azione abbia causato un danno concreto all’azienda per cui si lavora. Inoltre, anche la mancanza di un compenso per il doppio lavoro potenzialmente lesivo, non esime dall’aver violato l’obbligo di fedeltà.
Tali disposizioni normative si riferiscono a tutti i rapporti di lavoro dipendenti, mentre le aziende che preferiscono tutelarsi ulteriormente possono ricorrere ai cosiddetti patti di non concorrenza. Disciplinati dall’articolo 2125 del codice civile, i patti di non concorrenza limitano il dipendente dall’intraprendere attività riconducibili a quelle svolte dal proprio datore di lavoro, per un periodo di tempo prestabilito, successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il patto di non concorrenza può avere una durata massima di 5 anni per i dirigenti e di 3 anni negli altri casi e, perché sia valido, deve risultare da atto scritto.
Nonostante la legge miri quindi a tutelare l’integrità aziendale, vietando alcuni comportamenti dei lavoratori che potrebbero nuocere al datore di lavoro, accade spesso che gli imprenditori cadano vittime di comportamenti sleali da parte dei propri dipendenti.
In questi casi, solo ricorrendo alle indagini aziendali ci si può difendere, verificando che il divieto di concorrenza del dipendente venga rispettato.
Divieto di concorrenza dipendente: perché ricorrere alle investigazioni aziendali?
Qualora si sospetti che un proprio dipendente abbia violato il divieto di concorrenza, l’onere della prova spetta al datore di lavoro. Questo significa che dovrà essere il datore di lavoro a raccogliere prove oggettive che dimostrino la fondatezza del proprio sospetto.
Tuttavia, accertare la mala condotta di un dipendente è tutt’altro che semplice, soprattutto nei casi in cui il dipendente sia in mala fede e compia atti per camuffare i suoi comportamenti lesivi.
Inoltre, la legge è molto severa quando si tratta di tutelare la privacy degli individui, pertanto svolgendo delle ricerche in autonomia si rischia di compiere atti contrari alla legge e di doverne poi rispondere davanti al giudice.
Fortunatamente, una soluzione c’è e consiste nel ricorrere alle investigazioni aziendali svolte da agenzie investigative internazionali specializzate come INSIDE. Autorizzati a svolgere indagini e accertamenti in Italia e all’estero, i nostri investigatori lavorano nel pieno rispetto della legge dimostrando il mancato rispetto del patto di non concorrenza da parte del dipendente (o da altri soggetti interni ed esterni all’azienda).
Infatti, come afferma Salvatore Piccinni, Managing Director Head of Southern Europe di INSIDE Intelligence & Security Investigations:
“lo statuto dei lavoratori specifica che il solo sospetto della violazione del divieto di concorrenza del dipendente è sufficiente per incaricare un’agenzia di investigazioni aziendali. Inoltre, visto che il dipendente è sempre tenuto all’obbligo di fedeltà lavorativa, le indagini possono essere svolte durante o fuori l’orario di lavoro e anche durante i permessi per malattia, massimizzando le probabilità di accertare la responsabilità del lavoratore.”
Infine, l’azienda che testimonia con prove certe e raccolte nel pieno rispetto della legge, può ottenere un risarcimento del danno subito (secondo quanto stabilito dall’articolo 2600 del codice civile). Pertanto è di fondamentale importanza rivolgersi a professioni esperti di indagini aziendali. Infatti, oltre a reperire prove documentali inoppugnabili, al termine dell’attività, INSIDE fornisce un fascicolo ad alto valore giuridico che il datore di lavoro può esibire nelle opportune sedi.