Due Diligence e cessione del ramo d’azienda: cosa sapere

9 Giu , 2020 Business Intelligence

Due Diligence e cessione del ramo d’azienda: cosa sapere

La due diligence è una procedura d’indagine che viene effettuata principalmente nell’ambito di particolari transizioni economico-finanziarie, come ad esempio fusioni, acquisizioni e compravendite di quote di partecipazione azionaria. Le verifiche possono essere disposte su base volontaria – come avviene nella maggior parte dei casi – o rappresentare un obbligo contrattuale per una delle parti in causa;

Cessione ramo d’azienda, di cosa si tratta

La cessione di un ramo d’azienda consiste nel trasferimento di una parte di un’azienda; tale transizione si concretizza tra due parti, il cedente e il cessionario. La procedura prevede il passaggio, dal soggetto che cede a quello beneficiario della cessione, di tutti gli elementi costitutivi essenziali del ramo, in modo tale da non intaccare l’autonomia produttiva del comparto una volta staccatosi dall’azienda.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 2112 del Codice Civile, per trasferimento d’azienda si deve intendere “qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda”.

Sono presenti numerosi casi di giurisprudenza circa l’identificazione degli elementi che determinano la conservazione dell’unitarietà del ramo e della relativa autonomia, dal momento che l’intera transizione comporta alcune criticità, in primis quella relativa al mantenimento dello status dei dipendenti. A tal proposito, secondo quanto statuito dall’articolo 2112 del Codice Civile, “in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. In aggiunta, il soggetto cessionario “è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario”. Infine, il medesimo dispositivo stabilisce anche che “il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”. La normativa dispone, in sintesi, che il trasferimento di un’azienda, o di parte di essa, non può alterare i diritti e i doveri dei lavoratori i quali vengono semplicemente passati dal cedente al cessionario. Anche le disposizioni normative in materia ribadiscono lo stesso principio; in particolare, il comma 1 dell’articolo 3 del Capo II della Direttiva CE n. 23 del 2001 dispone che “i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario”.

Con la sentenza n. 17366/2016, la Corte di Cassazione ha ampliato la giurisprudenza inerente alla materia della cessione del ramo d’azienda, stabilendo che “costituisce elemento costitutivo della cessione di ramo d’azienda […] l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione”.

Quali azioni vanno effettuate

La procedura di trasferimento di un ramo d’azienda è molto complessa e delicata perché, per essere considerata legittima, deve soddisfare i requisiti previsti dai riferimenti normativi sopra citati. Ancor prima di stabilire i termini della cessione, le due parti sono coinvolte in una fase di contrattazione, in cui si confrontano domanda e offerta; ciascun attore coinvolto cerca di imporre le proprie condizioni prima di raggiungere un accordo di compromesso che soddisfi ambedue le parti. Come accennato, in casi del genere spesso il soggetto acquirente dispone delle verifiche preliminari che prendono il nome di due diligence, un’espressione inglese che può essere tradotta come “diligenza dovuta” oppure come “diligenza necessaria”. Nella maggior parte dei casi la due diligence viene disposta dall’acquirente e può riguardare uno o più ambiti di indagine; le verifiche possono infatti essere focalizzate su di un singolo aspetto dell’azienda da acquisire, ovvero gli aspetti economici e finanziari, la capacità operativa e gestionale, l’immagine sul mercato, la conformità (tramite le indagini di compliance check) oppure essere inerenti all’intera struttura aziendale (o del singolo ramo oggetto della cessione).

La due diligence è un passaggio cruciale per transizioni di questo tipo, anche quando non rappresenta un obbligo di natura contrattuale; per questo viene affidata a figure professionali specializzate dando mandato ad un’agenzia di investigazione privata. Tra il mandante e i tecnici incaricati viene stipulato un contratto, mediante il quale vengono fissati gli obiettivi da perseguire per mezzo delle verifiche preliminari. Lo step successive consiste nel formulare un accordo di riservatezza con la controparte che verrà sottoposta ad indagine, necessaria per acquisire la documentazione relativa al personale ed alle operazioni dell’azienda target dell’acquisizione, così da superare le criticità inerenti alla tutela della privacy e del segreto industriale. Le indagini vere e proprie passano attraverso la verifica della documentazione prodotta dalla parte ‘passiva’ della transizione economica e, nel caso specifico delle indagini di conformità, la verifica di particolari elenchi, come ad esempio le liste anticorruzione, le liste antiterrorismo e le liste PEP (Persone Esposte Politicamente) tenute dalle autorità nazionali ed internazionali. Quando tutte le verifiche sono state portate a termine, i tecnici incaricati stilano una relazione tecnica di carattere conclusivo in cui espongono al committente il lavoro svolto ed i risultati con esso ottenuti.

Perché è importante la Due Diligence

In base a quanto sottolineato finora, è facile comprendere come e perché la due diligence sia così importante quando due parti lavorano per un’operazione di cessione, acquisizione o simili. Come sottolinea anche Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, il ruolo primario della due diligence è quello di produrre riscontri oggettivi nell’ottica di tutelare l’interesse di ambedue le parti coinvolte nell’ambito di una procedura economico-finanziaria. Naturalmente, l’interesse maggiore sussiste da parte del soggetto ‘attivo’, ossia l’attore della trattativa che prevedibilmente impegnerà le risorse più ingenti. Quest’ultimo, infatti, deve avere una conoscenza approfondita dell’azienda o del ramo che intende acquisire, così da poter valutare al meglio eventuali criticità ed approntare un’opportuna strategia di contenimento o neutralizzazione dei rischi.

Nel caso specifico della cessione di un ramo d’azienda, la due diligence ha altresì la funzione di accertare la solidità dell’acquirente e la capacità di quest’ultimo di preservare l’autonomia produttiva del comparto destinato ad essere scorporato dall’azienda d’origine; in questa ottica, le verifiche preliminari puntano a comprovare l’affidabilità dell’acquirente e la capacità di quest’ultimo di offrire le opportune garanzie ai lavoratori del ramo in fase di cessione.


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