Falsa malattia colf, come indagare e cosa fare
I lavoratori dipendenti (o subordinati) possono godere di una serie di privilegi; tra questi vi è la possibilità di usufruire di un permesso retribuito qualora non possano recarsi sul luogo di lavoro a causa di un malanno o di un infortunio tali da impedire il regolare svolgimento delle mansioni connaturate al tipo di impiego. Spesso, però, i dipendenti abusano di tale diritto e sfruttano i permessi di questo genere anche in assenza di una particolare patologia o di un incidente di natura traumatica o infortunistica.
Cosa si intende per falsa malattia
Quando si parla di “falsa malattia” da parte di un dipendente, si intende uno stato di malattia o infortunio simulato, che non trova riscontro nella realtà. In altre parole, il lavoratore dichiara in maniera fittizia di essere malato o infortunato, oppure accentua le conseguenze di una patologia, per non recarsi sul luogo di lavoro, sfruttando i permessi retribuiti previsti per i casi del genere. Una falsa dichiarazione di malattia o infortunio viene resa possibile dalla certificazione prodotta da un medico connivente, che accetta di certificare una condizione che in realtà non sussiste. Come spiega anche Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, la falsa malattia è un espediente purtroppo molto diffuso, spesso sfruttato anche in maniera strategica, come ad esempio per ‘allungare’ i week end o evitare i turni di lavoro particolarmente gravosi.
Vale lo stesso per colf e badanti?
Il concetto di falsa malattia può essere esteso anche ad una particolare categoria di lavoratori, ossia colf e badanti. In genere si tende a pensare che questo tipo di figure forniscano prestazioni occasionali e quasi sempre non regolarizzate con un contratto; in realtà, la legge italiana prevede disposizioni specifiche per regolarizzare la posizione lavorativo di colf, badanti e le altre figure di lavoratore domestico.
Il nuovo CCNL di categoria, infatti, individua diverse categorie professionali, in base alle qualifiche in possesso del dipendente e del grado di autonomia decisione riconosciuto dal datore di lavoro. In aggiunta, l’assunzione di un qualsiasi lavoratore domestico (colf, badanti, cuochi, autisti e bambinai) deve risultare da un contratto redatto in forma scritta che deve riportare: data di assunzione, indicazione di un eventuale periodo di prova, anzianità e mansioni del dipendente, orario di lavoro (giornaliero, settimanale o mensile), il periodo di ferie, termini per l’eventuale convivenza (parziale o totale), la retribuzione, eventuali spostamenti previsti per villeggiatura o altro.
Per quanto riguarda i permessi per malattia, l’articolo 20 del CCNL stabilisce che “le assenze per malattia o infortunio debbono essere comprovate da relativo certificato medico, indicante il periodo di presunto impedimento al lavoro, da spedire al datore di lavoro entro due giorni dall’evento; all’uopo fa fede il timbro postale di partenza. I lavoratori conviventi non sono tenuti all’invio della suddetta documentazione tranne il caso in cui la malattia sopravvenga durante le ferie o comunque al di fuori del posto di lavoro”.
Il trattamento in caso di malattia viene disciplinato dall’articolo 26: “superato il periodo di prova, la conservazione del posto, in casodi malattia, viene garantita fino al quarantacinquesimo giornodi calendario, salva l’eventuale maggiore durata stabilita nel contratto individuale.Il periodo relativo alla conservazione del posto di lavoro è da considerarsi nell’anno civile (1 gen.- 31 dic.)”.Le stesse condizioni si applicano anche in caso di infortunio.
Per tanto, anche per colf e badanti l’utilizzo di un certificato medico falso rientra nei casi di assenteismo, così come per ogni altre tipologie di lavoratore dipendente.
Falsa malattia colf e badanti, come indagare
Nel caso in cui il datore di lavoro sospetti che un/a colf o badante si assenti da lavoro usando come espediente una falsa malattia, può tutelare i propri interessi commissionando apposite indagini di controllo ad un’agenzia di investigazione privata.Il mandato può essere conferito sia in prima persona da parte del datore di lavoro sia per mezzo di un legale rappresentate.
La prima fase delle indagini consiste nell’acquisizione dei dati relativi al dipendente, assieme ad altre informazioni utili riportate nel contratto di assunzione. Molto utile, ai fini di un proficuo svolgimento del lavoro di indagini, può essere l’accesso al curriculum del/la colf. CV e altre referenze, infatti, consentono agli investigatori di verificare, presso i precedenti datori di lavoro, l’affidabilità del dipendente, specie nel caso in cui ricorrano interruzioni anticipate del rapporto lavorativo.
L’iter investigativo prevede, successivamente, una supervisione del soggetto delle indagini; essa è sia passiva (appostamento) che attiva (pedinamento). Questa procedura permette agli agenti di raccogliere materiale fotografico e video per mezzo del quale è possibile collocare, in modo inconfutabile, il dipendente entro determinate coordinate di tempo e di luogo. Lo scopo di questa modalità di investigazione è quello di verificare se, durante le ore della presunta malattia, il lavoratore metta in atto comportamenti non congruenti con quanto dichiarato nell’attestazione medica; nello specifico, le prove raccolte durante l’appostamento o il pedinamento possono testimoniare come il/la colf non sia affetta da alcuna malattia oppure assuma dei comportamenti che possono ritardare o pregiudicare il processo di guarigione.
Ad ulteriore integrazione delle operazioni di indagine sopra descritte, gli agenti possono procedere al vaglio delle referenze riportate nel curriculum. Nello specifico, possono mettersi in contatto con i precedenti datori di lavoro nel tentativo di tracciare un resoconto del pregresso lavorativo del soggetto delle indagini, al fine di individuare comportamenti analoghi (ossia un uso reiterato dei permessi per malattia) o eventuali episodi pregiudizievoli, come ad esempio licenziamenti in tronco e cause giudiziarie per la rescissione del contratto di lavoro anticipata rispetto ai termini previsti dallo stesso. Le indagini si concludono con la stesura, da parte degli investigatori, di una relazione finale di carattere riassuntivo, all’interno della quale viene descritto tutto il lavoro svolto ed i risultati ottenuti.
Falsa malattia colf e licenziamento
Il già citato CCNL che regolamenta il lavoro domestico disciplina anche le sanzioni che possono essere comminate al lavoratore domestico in caso di infrazioni disciplinari. I provvedimenti vanno dal semplice rimprovero al licenziamento.
Secondo le disposizioni del CCNL, il licenziamento può essere “per giustificato motivo soggettivo od oggettivo”, nel rispetto dei termini di preavviso previsti dall’articolo 35 del Contratto Collettivo:
- 15 giorni fino a 5 anni di anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro;
- 30 giorni in caso di anzianità superiore a 5 anni presso lo stesso datore di lavoro;
- 8 giorni fino a due anni di anzianità per contratti inferiori a 25 ore settimanali;
- 15 giorni oltre i due anni di anzianità per contratti inferiori a 25 ore settimanali.
Il licenziamento in tronco scatta “in caso di mancanze gravi compresa l’ubriachezza in servizio, che pregiudichino la prosecuzione del rapporto fiduciario”. La falsa dichiarazione di malattia o infortunio può rientrare nei casi di grave mancanza che pregiudicano il rapporto di fiducia tra lavoratore e dipendente.