Furto in azienda, come comportarsi in questi casi

19 Mar , 2019 Indagini Aziendali

Furto in azienda, come comportarsi in questi casi

Non è raro imbattersi in casi in cui un dipendente commetta un furto ai danni dell’azienda in cui lavora. Come in altri frangenti, vi sono le norme (e la giurisprudenza) da una parte e i singoli casi dall’altra, oltre ai diritti di entrambe le parti chiamate in causa. Di seguito, vediamo tutto quanto c’è da sapere in merito.

Quando si parla di furto in azienda

Il furto in azienda consiste nella sottrazione indebita di beni (sia tangibili sia intangibili) di proprietà dell’azienda da parte del dipendente. In linea puramente teorica, il reato si configura tanto per un commesso di un supermercato che mangia un panino dallo scaffale senza acquistarlo sia per un cassiere che si appropri di svariate centinaia di euro. Entrambi i fatti costituiscono reato ma, com’è facile intuire, essi si caratterizzano per un diverso grado di gravità. Tale aspetto va tenuto in debita considerazione nel momento in cui si pone il problema di quantificare una ‘pena’ per il reato di furto in azienda.

Quali sono i diritti del datore di lavoro

Il furto è il reato, secondo quanto disposto dall’articolo 624 del Codice Civile, commesso da “chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri”. Nel dispositivo viene identificata anche la pena comminata a chi si rende colpevole di tale reato (reclusione da sei mesi a tre anni e una sanzione pecuniaria da 154 a 526 euro). In aggiunta, “si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico”.

Va inoltre aggiunto come lo stesso Codice Civile delinei in maniera piuttosto chiara i doveri del lavoratore nei confronti della propria azienda; nello specifico, il dipendente è tenuto all’obbedienza, alla diligenza ed alla fedeltà nei riguardi del proprio datore di lavoro. Infine, nei casi di furto in azienda va tenuto conto, come già accennato, della tenuità o della gravità del fatto compiuto.

Tra le sanzioni che possono colpire chi commette un furto ai danni della propria azienda vi è anche il licenziamento. La giurisprudenza, in tal senso, è piuttosto variegata ma, in linea di massima, non solo prevede che l’interruzione del rapporto di lavoro sia legittimo ma che anche il licenziamento in tronco per furto in azienda sia lecito – laddove sussistano validi motivi accertati in maniera inconfutabile.

In tal senso, uno dei riferimenti giurisprudenziali è la sentenza n. 8816 del 5 aprile 2017 emessa dalla Sezione del Lavoro Civile della Corte di Cassazione. Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici vedeva un dipendente (tecnico di manovra) licenziato per aver sottratto venti litri di carburante dal carrello di manovra. Nel ricorso avverso al provvedimento, il dipendente lamentava la non proporzionalità dello stesso; in sostanza, il ricorrente non riteneva il licenziamento motivato da giusta causa (facendo riferimento all’articolo 2119 del Codice Civile). In aggiunta, il dipendente licenziato aveva provato a far leva sia sulla longevità del rapporto di lavoro (22 anni) sia sul valore relativamente modesto del bene sottratto all’azienda (circa 30 euro di gasolio).

Dopo aver sottolineato il carattere intenzionale dell’azione, la Corte ha ribadito “che la tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario”. In virtù di tale considerazione, nel formulare la sentenza i giudici hanno ritenuto che “ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento”.

Ricapitolando: il furto costituisce un reato che, a norma di legge, va punito. Nella prassi, i casi di estrema tenuità restano tendenzialmente impuniti; ciò, di contro, non implica che un furto dalla consistenza irrisoria o trascurabile non possa essere punito con il licenziamento. Pertanto, il datore di lavoro ha il diritto – una volta comprovato il reato – di procedere all’interruzione del rapporto di lavoro qualora ritenga il fatto di particolare gravità: spetterà poi ad un giudice decretare la legittimità o meno del provvedimento.

Come raccogliere prove

La sottrazione indebita di un bene da parte di un dipendente può provocare danni e scompensi all’attività dell’azienda. Per tanto, è nell’interesse del datore di lavoro accertarsi che non si verifichino furti e, nel caso in cui emergano dei sospetti, implementare le giuste contromisure.

In tal senso, il titolare dell’azienda – o un suo  legale rappresentate – può dare mandato ad un’Agenzia di investigazioni private come Inside per lo svolgimento di indagini aziendali. L’agenzia avrà come obiettivo la raccolta di prove, che verranno racchiuse in un report su quanto visto e fissato su foto o video,  in grado di supportare le accuse di furto

Quindi le indagini sono volte a dimostrare come il dipendente abbia tenuto una condotta sleale nei confronti dell’azienda; le tecniche di investigazione,  saranno valutate nella loro fattibilità, dall’investigatore, dal Titolare e dagli Avvocati, e verranno impostati interventi mirati rispettando i limiti imposti dalla legge. Un dipendente interno o un collaboratore esterno hanno svariati modi per ledere al patrimonio aziendale e spesso è rivolto a beni intangibili quali marchi, diritti d’autore, brevetti; per questo vanno impostati interventi che non sempre nell’appostamento e nel pedinamento trovano sufficiente supporto.

L’attività dell’Agenzia privata, dell’investigatore, consiste anche nell’individuazione delle contromisure (infatti un programma di intervento che si propone alle aziende è proprio interessato a nuovi protocolli sulla prevenzione), necessarie a limitare , o eliminare del tutto, i rischi connessi al ripetersi di condotte lesive da parte dei dipendenti e, di conseguenza, dannose anche per l’economia dell’attività aziendale.

Licenziamento per furto in azienda

Nei casi di licenziamento per furto in azienda, l’onere della prova è a carico del datore di lavoro ossia spetta a quest’ultimo dimostrare la condotta sleale da parte del dipendente. Come già sottolineato, la tenuità del danno può non bastare a delegittimare il licenziamento e, in tal senso, fa giurisprudenza anche la sentenza n. 24014 emessa il 12 ottobre 2017 dalla Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, un dipendente è stato licenziato per aver sottratto un pacco di caramelle il cui valore non superava i 10 euro. Il ‘danno’, di per sé, è estremamente esiguo e rientra nella casistica di ‘estrema tenuità’ ma, secondo la Corte, il comportamento del dipendente può pregiudicare il rapporto di fiducia che deve esistere tra datore e prestatore di lavoro in quanto esiste la possibilità che quest’ultimo incorra nuovamente in comportamenti analoghi ma ben più lesivi per l’attività dell’azienda. In sintesi, la Cassazione ha ribadito il proprio orientamento per cui la tenuità del fatto non costituisce un’attenuante e da sola non basta a rendere il licenziamento illegittimo.

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