Legge 104 e ferie, quali sono gli abusi e come indagare
L’assenteismo è uno dei fenomeni che più spesso tendono ad incrinare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente. Esso consiste in una mancata prestazione lavorativa che non è dovuta ad alcun reale fattore di impedimento: il dipendente adduce una falsa motivazione e gode di un privilegio al quale non avrebbe diritto. Spesso tale pratica viene messa in atto ricorrendo a vari tipi di espedienti: tra questi vi è l’abuso dei permessi retribuiti previsti dalla legge n. 104 del 1992.
Permessi Legge 104 e ferie: differenze
In materia di assenteismo, specie se connesso all’uso improprio di permessi retribuiti, bisogna fare un distinguo tra ferie e permessi. Come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, le ferie sono giorni di riposo o di vacanza: ogni dipendente può godere, ogni anno, di un limitato numero di giorni feriali, in base a quanto stabilito dal contratto di lavoro; nell’accordo sono anche incluse le modalità di godimento delle ferie, che possono essere ‘cumulate’ e ‘spese’ secondo criteri variabili a seconda dell’azienda e del tipo di impiego.
I permessi retribuiti, invece, funzionano secondo un meccanismo molto diverso: pur essendo anch’essi generalmente sottoposti ad una qualche limitazione, rappresentano uno strumento nelle mani del lavoratore per ottenere un giorno libero in presenza di una precisa necessità; i permessi sindacali, ad esempio, consentono di non effettuare, in parte o del tutto, la prestazione lavorativa così da poter prendere parte a iniziative o manifestazioni strettamente correlate all’attività del proprio sindacato. I permessi retribuiti previsti dalla Legge 104 possono essere utilizzati, con le modalità stabilite dalla normativa di riferimento, per prestare assistenza ad un familiare o convivente invalido o affetto da una grave patologia che ne limita l’autonomia, fatta eccezione per il caso in cui la persona malata non sia ricoverata in una struttura specializzata a tempo pieno.
Permessi Legge 104 di seguito a ferie, si può fare?
A questo punto è lecito chiedersi se sia possibile ‘integrare’ le ferie con i giorni di permesso sfruttabili per mezzo delle agevolazioni previste dalla Legge 104. Va anzitutto sottolineato come la “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” rappresenti uno strumento di tutela per le persone disabili (o affette da patologie invalidanti) in quanto dispone misure assistenziali e agevolazioni a favore della loro integrazione sociale nel mondo del lavoro. La legge stabilisce che i dipendenti che assistono un parente disabile o affetto da grave patologia possono usufruire di tre giorni di permesso retribuiti al mese; il comma 3 dell’articolo 33 dispone che “colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente, ha diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno”.
Le successive modificazioni del testo di legge non hanno apportato alcun cambiamento sostanziale al comma; pertanto, è possibile invocare la Legge 104 per ottenere da uno a tre giorni di permesso retribuito anche dopo un periodo di giorni feriali in quanto la norma non lo vieta espressamente, né implicitamente, in alcun modo. Naturalmente, affinché l’utilizzo del permesso non rappresenti un abuso, il dipendente che ne usufruisce dovrebbe trovarsi (o essere rientrato) presso il comune in cui risiede o nel quale si ritrova il familiare al quale deve prestare assistenza: in caso contrario verrebbe meno il presupposto fondamentale (il diritto all’assistenza) alla base del permesso stesso.
Quando si parla di abusi alla Legge 104?
Come già accennato, i permessi retribuiti previsti dalla Legge 104 possono essere spesso utilizzati come espediente per giustificare un’assenza immotivata dal luogo di lavoro. Quando un permesso viene utilizzato per una finalità diversa da quella per la quale è predisposto, si configura l’abuso (o utilizzo improprio) dello stesso. Nel corso degli anni (la legge è in vigore dal 18 febbraio del 1992), la giurisprudenza inerente al concetto di ‘assistenza’ insita nel permesso ha portato ad una parziale modifica dell’interpretazione della norma: in origine l’assistenza doveva essere continuativa; in altre parole, l’intera giornata di permesso doveva essere deputata all’assistenza del familiare beneficiario delle agevolazioni previste dal testo di legge. Con il passare del tempo, tale interpretazione si è ‘ammorbidita’, lasciando al beneficiario del permesso retribuito la possibilità di svolgere anche altre attività non strettamente legate all’assistenza al proprio familiare. Ciò non toglie che, durante le ore di permesso retribuito, il dipendente non possa svolgere attività completamente avulse dalla cura del familiare disabile o malato, come ad esempio svolgere un secondo lavoro, frequentare dei corsi scolastici o universitari o, peggio, andare in vacanza.
Come effettuare controlli per chi usufruisce della Legge 104?
Un’azienda che sospetti abusi da parte di un proprio dipendente – o voglia accertare la correttezza della condotta di quest’ultimo – può disporre delle indagini apposite. Lo Statuto dei Lavoratori, infatti, consente di indagare sui dipendenti, a patto che i controlli non riguardino alcuni ambiti personali dell’indagato (fede religiosa, orientamento politico e appartenenza sindacale). Per questo, al fine di avere tutte le garanzie del caso, le aziende si affidano per lo più ad un’agenzia di investigazione privata. Il mandato viene generalmente conferito per mezzo di un legale rappresentante ma, talvolta, può occuparsene il titolare dell’azienda in prima persona. Una volta siglato il contratto tra le parti, ed individuati gli obiettivi dell’indagine, gli operatori incaricati possono procedere attivamente all’investigazione.
Il primo step consiste nell’acquisizione, da parte degli investigatori, della documentazione relativa al dipendente da sottoporre ad indagine: si tratta, in particolare, di curriculum, contratto di lavoro, prospetto dei turni e tutto quanto possa servire a tracciare un accurato profilo professionale. In tale ottica, possono essere d’aiuto anche tutti i permessi richiesti nel periodo precedente all’inizio delle indagini (in tal modo è possibile appurare se esiste una sorta di ‘strategia’ per l’utilizzo sistematico dei permessi retribuiti previsti dalla Legge 104).
Completata la fase preliminare, gli agenti passano ad attuare le procedure di indagine attiva. La più diffusa consiste nell’osservazione, che può essere dinamica (pedinamento) o statica (appostamento). Questa procedura consente agli investigatori di acquisire materiale fotografico e video, per mezzo del quale collocare – in maniera inconfutabile – il target dell’indagine all’interno di un preciso contesto di luogo e tempo; le prove fotografiche e video così acquisite sono molto importanti, in quanto consentono di dimostrare se e come la condotta del dipendente sia stata congruente con lo sfruttamento del permesso retribuito. La procedura di osservazione può essere integrata con ulteriori verifiche contestuali che prevedano la raccolta di riscontri dalle persone con le quali il target è venuto a contatto. Al termine dell’iter di indagine, gli investigatori incaricati stilano una relazione tecnica in cui illustrano il lavoro svolto ed i risultati ottenuti.