Usare i permessi legge 104 per riposarsi, cosa può succedere

16 Lug , 2019 Indagini Aziendali

Usare i permessi legge 104 per riposarsi, cosa può succedere

I permessi retribuiti sono tra gli espedienti più diffusi per mettere in atto comportamenti assenteisti da parte dei dipendenti. Spesso, infatti, vengono utilizzati per assentarsi dal luogo di lavoro pur in assenza di una reale motivazione che possa legittimamente impedire al lavoratore di recarsi sul luogo della prestazione lavorativa; talvolta, la ‘collocazione’ può avere una natura strategica (e in tal caso si può parlare di assenteismo tattico) mentre in altri casi l’assenza è motivata – in maniera illegittima – da un finto infortunio o da una malattia simulata. Un ulteriore caso di abuso è quello perpetrato tramite i permessi ex Legge 104.

Cosa sono i permessi Legge 104

Nota per lo più come ‘Legge 104’, la “legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili” è stata promulgata nel 1992. Lo scopo della legge è quello di predisporre e garantire misure assistenziali di varia natura a persone portatrici di disabilità o affette da menomazioni, in modo tale da facilitare il trattamento della stessa e facilitare l’integrazione sociale e lavorativa.

La legge ha avuto un impatto diretto anche sul mondo del lavoro poiché ha introdotto una serie di benefici per i lavoratori dipendenti legati alla persona disabile che usufruisce direttamente delle disposizioni previste dal testo di legge. Nello specifico, la normativa concede ai familiari ed ai conviventi tre giorni di permessi retribuiti al mese. È quanto stabilito dal comma 3 dell’articolo 33 della Legge 104: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.

Il diritto di usufruire del permesso non può essere riconosciuto a più di un dipendente per assistere la stessa persona, a meno che non si tratti di un figlio: in tal caso, i permessi vengono accordati ad entrambi i genitori i quali ne possono usufruire in maniera alternata.

Quando è possibile utilizzarli

I permessi retribuiti ex Legge 104 possono essere utilizzati solo entro i limiti previsti dalla legge. In generale, siano essi continuativi o saltuari, i giorni di permesso devono essere impiegati per fornire assistenza al familiare od al coniuge disabile. “Il dipendente” – stabilisce la Legge –  “ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità  abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Le modalità con cui il dipendente deve prestare assistenza hanno generato, nel corso degli anni, svariate controversie dalle quali sono scaturiti riferimenti giurisprudenziali talvolta contrastanti. In generale, l’orientamento iniziale era quello di intendere l’assistenza come costante e continuativa mentre gli sviluppi più recenti hanno abbracciato una linea interpretativa più flessibile, tale da lasciare un certo margine al dipendente che usufruisce dei permessi.

Legge 104 per riposarsi e licenziamento

Alla luce di quanto riportato sin qui, è chiaro come utilizzare i permessi ex Legge 104 per riposarsi non sia tecnicamente possibile. O meglio, non è possibile richiedere un permesso retribuito solo per riposarsi o dedicarsi ad attività personali. Come detto, la questione è piuttosto spinosa e la relativa giurisprudenza è quantomeno variegata.

La sentenza n. 23891/2018 emessa dalla Cassazione è un buon esempio in tal senso: secondo il parere espresso dalla Suprema Corte, il concetto di ‘assistenza personale’ non può essere inteso in senso stretto ma può includere anche attività collaterali che siano comunque di aiuto alla persona portatrice di disabilità. Di contro, attività completamente estranee alla sfera assistenziale rappresentano un abuso a tutti gli effetti. Nel caso di specie, il dipendente aveva fatto ricorso avverso al provvedimento di licenziamento per giusta causa comminato dal datore di lavoro con l’accusa di aver abusato dei permessi ex Legge 104, richiesti per accudire due familiari disabili.

Parimenti, la sentenza n. 54712/2016 aveva già espresso un orientamento simile, secondo il quale l’assistenza non deve attuarsi durante le ore di lavoro; questo perché al dipendente si riconosce la facoltà di organizzare il tempo a propria disposizione per implementare nella maniera migliore possibile l’attività assistenziale. Per contro, nella prima sentenza sopracitata e nella n. 54712/2016, la Cassazione ha ribadito due concetti fondanti: da un lato, utilizzare le ore di permesso retribuito “per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi di abuso di diritto, giacché tale condotta si palesa nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede”; dall’altro, i permessi ex Legge 104 non vanno in alcun modo equiparati ad un periodo di ferie. Qualora si verifichino queste ultime eventualità, o comunque un utilizzo parziale o minimo dei giorni di permesso a favore di attività di carattere prettamente personale e del tutto slegate dalle necessità di assistenza del familiare o del congiunto, il dipendente è esposto a provvedimenti sanzionatori che, nel caso più grave, può tradursi nel licenziamento. Nell’eventualità che il lavoratore licenziato persegua le vie legali e faccia ricorso, il datore di lavoro deve essere in grado di ottemperare all’onere della prova, ossia fornire elementi concreti a supporto del proprio provvedimento.

Come indagare

Nel caso in cui il datore di lavoro sospetti un abuso dei permessi ex Legge 104 da parte di un proprio dipendente, può rivolgersi ad un’agenzia di investigazioni privata specializzata in indagini aziendali per commissionare le verifiche del caso.

Come spiega Salvatore Piccinni, Manager Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, la prima fase del processo investigativo consiste nell’acquisizione, da parte degli agenti, degli estremi di identificazione del soggetto da sottoporre a indagine (assieme ad altre informazioni quali domicilio e residenza). Fatto ciò, si apre la parentesi delle investigazioni vere e proprie: gli investigatori pongono l’individuo sotto osservazione dinamica (pedinamento) o statica (appostamento). Ciò consente di registrare attività e movimenti del dipendente durante le ore di permesso, così da poter dimostrare – anche attraverso l’acquisizione di materiale fotografico ed audiovisivo – se il comportamento tenuto è congruente con le finalità previste dai permessi erogati secondo le disposizioni della Legge 104. Le indagini si concludono con la stesura, da parte degli agenti incaricati, di una relazione finale in cui viene esposto in maniera dettagliata lo svolgimento della procedura investigativa e i risultati ottenuti.

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