Licenziamento per giusta causa: come funziona e cosa deve sapere un’azienda

14 Mag , 2025 Indagini Aziendali

Licenziamento per giusta causa: come funziona e cosa deve sapere un’azienda

Nel complesso ambito della gestione delle risorse umane e dei rapporti di lavoro, il licenziamento per giusta causa si configura come la sanzione disciplinare più severa che un datore di lavoro possa applicare. Non si tratta di una decisione semplice, né di una procedura da prendere alla leggera. Comprendere a fondo come funziona il licenziamento per giusta causa è un dovere imprescindibile per ogni azienda che desideri operare nel rispetto della legge e tutelare la propria stabilità.

Questa forma di recesso dal contratto di lavoro è legata a comportamenti del dipendente di tale gravità da compromettere definitivamente il vincolo fiduciario, rendendo insostenibile la prosecuzione del rapporto, anche solo per un breve periodo. Per le aziende, gestire correttamente questa delicata situazione significa evitare rischi legali, economici e reputazionali significativi.

Approfondiamo insieme i principi che regolano il licenziamento per giusta causa, analizzando la procedura corretta e mettendo in luce gli aspetti che un’azienda deve conoscere necessariamente per affrontare tale scenario con cognizione di causa.

Cosa si intende per licenziamento per giusta causa

In linea generale, il licenziamento per giusta causa è quel provvedimento, adottato dal datore di lavoro, che comporta l’interruzione immediata del rapporto lavorativo prima del termine naturale dello stesso, in quanto il dipendente si è reso autore di comportamenti particolarmente gravi, tali da essere nocivi per gli interessi dell’azienda o della società presso la quale è impiegato. La giurisprudenza in materia di licenziamento per giusta causa è molto ampia ma la dottrina dominante riconosce, tra i motivi che legittimano un provvedimento disciplinare così severo, anche azioni e comportamenti che non riguardano strettamente la sfera professionale o l’ambito lavorativo ma che possono riflettersi direttamente su di essi, cagionando un danno economico o di immagine al datore di lavoro.

Dal punto di vista normativo, il principale riferimento in materia di licenziamento per giusta causa è l’articolo 2119 del Codice Civile; la norma (“Recesso per giusta causa”) dispone che “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

Il codice stabilisce, inoltre, che, nel caso si tratti di un contratto a tempo indeterminato, al dipendente che recede per giusta causa compete un’indennità “equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”, secondo quanto stabilito dall’articolo 2118 del Codice Civile. Il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta dell’azienda non rappresentano una giusta causa per la risoluzione del contratto.

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Differenza tra Giusta Causa e Giustificato Motivo

È essenziale per l’azienda distinguere il licenziamento per giusta causa dalle altre forme di recesso del rapporto di lavoro, in particolare dal licenziamento per giustificato motivo, sia esso soggettivo od oggettivo. La distinzione impatta sulla procedura e sugli obblighi dell’azienda relativi al preavviso.

  • Licenziamento per giusta causa: deriva da una condotta del lavoratore di eccezionale gravità che rompe immediatamente la fiducia. Comporta il recesso senza preavviso.
  • Licenziamento per giustificato motivo soggettivo: è causato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore (es. reiterate assenze ingiustificate, prestazioni lavorative insufficienti nonostante richiami). Pur essendo una mancanza rilevante, la sua gravità non è tale da impedire la prosecuzione provvisoria del rapporto. Prevede quindi il rispetto dei termini di preavviso da parte dell’azienda.
  • Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: si basa su ragioni organizzative o produttive dell’azienda (es. soppressione del posto di lavoro, crisi aziendale). Non è legato a un comportamento del dipendente. Prevede anch’esso il rispetto dei termini di preavviso.

Per l’azienda, qualificare correttamente la motivazione è il primo passo per intraprendere il percorso corretto ed evitare contestazioni basate su vizi di forma o di sostanza legati a un’errata valutazione della gravità del fatto contestato.

Requisiti per il licenziamento per giusta causa: cosa valutare

Perché un licenziamento per giusta causa sia legittimo, l’azienda deve poter dimostrare la sussistenza di specifici requisiti. Oltre alla gravità del fatto tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario (il presupposto materiale), l’azienda deve rispettare due principi procedurali:

  1. Immediatezza della contestazione: l’azienda ha il dovere di contestare formalmente l’addebito al dipendente non appena ne viene a conoscenza in modo certo. Un ritardo ingiustificato nella contestazione può essere interpretato come una tacita tolleranza del comportamento, facendo venir meno la possibilità di ricorrere al licenziamento per giusta causa. L’immediatezza va valutata in senso relativo, tenendo conto del tempo necessario all’azienda per svolgere gli opportuni accertamenti interni.
  2. Immediatezza del licenziamento: una volta completato l’iter disciplinare (ricezione delle giustificazioni o scadenza del termine per presentarle), l’azienda deve comunicare il licenziamento senza indugio. Anche in questo caso, un lasso di tempo eccessivo tra la conclusione dell’iter e il licenziamento può depotenziare la motivazione addotta.

A questi si aggiunge il principio della proporzionalità: la sanzione espulsiva deve essere proporzionata alla gravità della condotta contestata e al danno (anche solo potenziale) causato o al venire meno della fiducia. L’azienda deve poter argomentare perché, nel caso specifico, non fosse sufficiente una sanzione conservativa (come la sospensione).

Dal punto di vista dell’azienda, è qui che emerge l’importanza della raccolta di prove solide. L’onere di provare la sussistenza del fatto grave e la sua idoneità a costituire giusta causa ricade interamente sul datore di lavoro. Senza prove concrete e legalmente ammissibili, anche il fatto più grave può non essere sufficiente a giustificare il licenziamento in Tribunale.

Per questo motivo, molte aziende scelgono di affidarsi a un’agenzia investigativa specializzata come INSIDE, esperta in verifiche e indagini sui dipendenti, in grado di raccogliere e documentare in modo rigoroso ogni elemento necessario.

Procedura di licenziamento: passaggi obbligati per il datore di lavoro

La procedura per il licenziamento per giusta causa rientra nella più ampia cornice dei procedimenti disciplinari e deve essere seguita rigorosamente dall’azienda per garantirne la legittimità formale. I passaggi chiave che il datore di lavoro deve rispettare includono:

  1. Contestazione scritta dell’addebito: l’azienda invia al dipendente una lettera (raccomandata A/R o PEC) con cui contesta in modo specifico, dettagliato e non generico i fatti considerati rilevanti. La lettera deve indicare le circostanze di tempo e luogo e la qualificazione dell’infrazione, per consentire al dipendente di difendersi adeguatamente.
  2. Concessione del termine per le giustificazioni: Il dipendente ha diritto di presentare le proprie giustificazioni, scritte o orali, entro un termine non inferiore a cinque giorni dalla ricezione della contestazione. L’azienda ha l’obbligo di attendere la scadenza di tale termine e di esaminare con attenzione le eventuali giustificazioni fornite dal lavoratore. E’ un momento davvero importante in cui l’azienda deve assicurare il pieno diritto di difesa del dipendente.
  3. Decisione finale e comunicazione del licenziamento: Valutate le giustificazioni (o trascorsi i termini senza che siano pervenute), l’azienda prende la sua decisione. Se ritiene che sussista la giusta causa, comunica il licenziamento al dipendente con un’ulteriore lettera (raccomandata A/R o PEC). La lettera deve esplicitare che si tratta di licenziamento per giusta causa, richiamare i fatti già contestati e indicare l’effetto immediato del recesso, specificando che non è dovuto il preavviso. Anche questa comunicazione deve avvenire con l’immediatezza richiesta dalla legge.

Ogni fase di questa procedura è presidiata da termini (legali o stabiliti dai CCNL) e formalità che l’azienda non può ignorare. Vizi procedurali, anche in presenza di un fatto grave, possono comportare l’illegittimità del licenziamento.

Conseguenze del licenziamento per giusta causa

Il licenziamento per giusta causa produce effetti immediati sul rapporto di lavoro:

  • Cessazione immediata: il rapporto di lavoro si interrompe nel momento stesso in cui la lettera di licenziamento viene ricevuta dal dipendente.
  • Assenza di preavviso: il lavoratore non ha diritto a lavorare durante un periodo di preavviso né a ricevere l’indennità sostitutiva.
  • Diritti maturati: il dipendente conserva il diritto al pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e di tutte le altre competenze maturate fino alla data del licenziamento (es. ratei di tredicesima, quattordicesima, ferie e permessi non goduti).
  • Accesso alla NASpI: generalmente, il licenziamento per giusta causa dà diritto all’indennità di disoccupazione (NASpI), trattandosi di una cessazione involontaria del rapporto di lavoro dal punto di vista del dipendente (anche se causata da sua colpa grave).
  • Rischio di impugnazione: Il lavoratore ha il diritto di impugnare il licenziamento (entro 60 giorni dalla ricezione della lettera, seguita dal deposito del ricorso in Tribunale entro 180 giorni).

Per l’azienda, la conseguenza più rilevante è l’esposizione a un potenziale contenzioso. Se il licenziamento viene impugnato e il giudice lo dichiara illegittimo per vizio procedurale o per insussistenza (o non gravità sufficiente) del fatto contestato, l’azienda può essere condannata al pagamento di un’indennità risarcitoria (quantificata secondo criteri legali, spesso legati all’anzianità di servizio e alle dimensioni aziendali) o, nei casi più gravi (es. licenziamento discriminatorio, nullo, ritorsivo, o basato su fatto manifestamente insussistente nelle aziende sopra i 15 dipendenti), persino alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno. Ciò sottolinea ancora una volta quanto sia vitale per l’azienda agire con prudenza e basarsi su fatti solidi e provati.

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Domande Frequenti

Quali condotte specifiche sono considerate “giusta causa” dal punto di vista aziendale?

La legge non fornisce un elenco tassativo. Si fa riferimento alla giurisprudenza e ai contratti collettivi. Esempi comuni, che un’azienda deve saper riconoscere, includono: furto o appropriazione indebita (anche di piccolo valore), grave insubordinazione o rivolta gerarchica, grave violazione degli obblighi di fedeltà (es. concorrenza sleale), diffusione di segreti aziendali, condotte violente o molestie sul luogo di lavoro, abbandono ingiustificato del posto di lavoro che crei disservizio, grave e comprovato uso improprio degli strumenti aziendali (internet, email) per fini illeciti o gravemente lesivi dell’immagine aziendale. La chiave è la gravità tale da distruggere la fiducia.

Quanto è importante per l’azienda documentare tutto il processo e le prove?

È assolutamente importante. Come datore di lavoro, l’azienda ha l’onere della prova. Ogni passaggio procedurale (contestazione, ricezione giustificazioni, comunicazione licenziamento) deve essere tracciabile (raccomandate, PEC). Le prove dei fatti contestati (documenti, testimonianze, relazioni investigative conformi alla legge) devono essere raccolte prima di procedere al licenziamento e conservate, pronte per essere utilizzate in un eventuale contenzioso. Senza prove solide, il licenziamento è a forte rischio di illegittimità.

L’azienda può usare prove video per giustificare un licenziamento per giusta causa?

L’utilizzo di prove video raccolte tramite impianti di videosorveglianza è consentito all’azienda solo a determinate condizioni, nel rispetto della normativa sulla privacy (GDPR) e dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. L’impianto deve essere installato per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro o di tutela del patrimonio aziendale, con accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, e i lavoratori devono essere adeguatamente informati. Le registrazioni non possono essere utilizzate per controllare l’attività lavorativa in modo pervasivo. Prove raccolte illegalmente sono inutilizzabili in giudizio.


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