Mettere microspie è reato? E come fare a contrastarlo?

In un’epoca come quella attuale, in cui la tecnologia continua a svilupparsi a ritmi frenetici, la protezione della privacy risulta sempre più difficile. Lo stesso dicasi anche per la riservatezza in ambito lavorativo, dove sia i singoli che le aziende devono difendersi da tentativi di intercettazione e spionaggio, due degli espedienti più efficaci nelle mani di chi vuole mettere in atto una concorrenza sleale nei confronti di un competitor.
Quando è reato mettere una microspia
In generale, le intercettazioni avvengono per mezzo di microspie (od anche cimici e microfoni) occultati poiché un’intercettazione è nient’altro che la registrazione o l’acquisizione di comunicazioni e conversazioni private all’insaputa di almeno uno degli attori della comunicazione stessa.
L’installazione e l’utilizzo di una microspia, per i fini sopra descritti, può costituire reato. Il riferimento normativo è l’articolo 615 bis del Codice Penale, che vieta “l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora” al fine di procurarsi “indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata”; il dispositivo vieta anche la diffusione delle informazioni così ottenute. La giurisprudenza in materia è piuttosto ricca e annovera anche casi in cui il solo tentativo di intercettazione costituisce reato (Cass. pen. n. 4669/2018); più in generale, poiché la norma vuole tutelare la riservatezza e la privacy dei luoghi di ‘privata dimora’, l’utilizzo di microspie o di altri dispositivi in grado di registrare audio o immagini (come ad esempio uno smartphone), costituisce un’interferenza illecita della vita privata.
Quando non è reato mettere una microspia
Detto ciò, esistono alcuni frangenti in cui l’utilizzo di una microspia non è reato; nello specifico, un dispositivo di registrazione audio-video può essere utilizzato liberamente in qualsiasi luogo considerato ‘pubblico’, come ad esempio strade, parcheggi, negozi, mezzi di trasporto pubblici e finanche le scale di un condominio, in quanto luogo non deputato allo svolgimento della vita privata.
Per quanto concerne il caso di specie delle intercettazioni, l’articolo 266 del Codice di Procedura Penale individua precisili ‘limiti di ammissibilità’, ovvero i casi in cui è possibile effettuare un’intercettazione:
- Nei procedimenti relativi a specifici reati (delitti non colposi per i quali è previsto l’ergastolo o una pena massima superiore ai cinque anni);
- Delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista una pena massima superiore ai cinque anni di reclusione;
- Delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, armi e sostanze esplosive, contrabbando, usura e attività finanziarie illecite.
Come indagare se si sospetta la presenza di microspie
Poiché le microspie sono dispositivi occultati, è difficile rilevarne la presenza ad occhio nudo. È possibile, però, rendersi conto della presenza di dispositivi di intercettazione nel momento in cui si rende conto che informazioni riservate e dati sensibili (così come il contenuto di conversazioni private) sono diventate di dominio pubblico. Ciò può sortire un effetto secondario non meno significativo sullo svolgimento delle attività aziendali, causando un danno di immagine o la perdita di clienti, con ripercussioni negative sull’intero bilancio aziendale.
Anche in assenza di segnali evidenti, il solo sospetto di essere vittima di una intercettazione non autorizzata, è più che sufficiente per passare all’azione al fine di tutelare gli interessi dell’azienda (e di conseguenza anche i propri).
Nello specifico, il titolare d’azienda – sia in prima persona sia tramite di un legale rappresentante – può conferire mandato ad un’agenzia di investigazioni privata (specializzata nello svolgimento di indagini aziendali e sui dipendenti) di svolgere una bonifica ambientale ed elettronica. Tale operazione può riguardare uffici e altri locali dell’azienda, così come (eventualmente) le vetture della flotta aziendale.
La ‘bonifica’ è un’operazione investigativa che consiste nella ricerca e nell’individuazione di microspie, cimici, registratori, microfoni occulti e di qualsiasi altro dispositivo collocato in maniera fraudolenta all’interno di un ambiente con lo scopo di intercettare, registrare e trasmettere conversazioni e comunicazioni private. Affinché sia assicurato il buon esito dell’operazione – che può essere richiesta anche a scopo preventivo e cautelare – è bene affidarsi a figure specializzate che possano impiegare i dispositivi tecnologici e le tecniche più sofisticati ed efficaci.
Nello specifico, la bonifica ambientale ed elettronica si articola in due fasi principali. La prima viene detta ‘attiva’ in quanto coinvolge direttamente il personale investigativo e non prevede l’impiego di alcun tipo di dispositivo elettronico o digitale. Essa consiste in una perlustrazione visiva del perimetro esterno degli uffici (o di qualsiasi altro ambiente) da bonificare – la procedura resta immutata se la bonifica riguarda un veicolo. Lo scopo della perlustrazione è quello di identificare le microspie solo parzialmente occultate oppure rilevare segni di manomissione; molto spesso, infatti, i dispositivi vengono nascosti all’interno di oggetti cavi di uso quotidiano, che fanno parte dell’arredo degli interni, come ad esempio paralumi, lampade da scrivania o orologi da tavolo. Esaurita questa fase preliminare, la bonifica prosegue con la perlustrazione ‘passiva’, ossia coadiuvata dalla tecnologia.
Gli agenti devono anzitutto effettuare un’analisi di campo tramite uno scanner multibanda (spesso indicato anche come ‘analizzatore di spettro’). L’obiettivo di tale operazione è quello di rilevare la presenza di un picco anomalo che potrebbe essere dovuto alla presenza di una microspia operativa; va tenuto conto del fatto che, di norma, l’atmosfera è satura di segnali radio di ogni genere, ragion per cui è quasi impossibile che rappresenti l’unico segnale presente nell’area da bonificare. Per una ricerca ancora più approfondita, gli investigatori impiegano una strumentazione ancor più sofisticata; si tratta, in particolare, di termocamere e laser ad infrarossi.
Le termocamere consentono di ottenere immagini termografiche (sia a colori, sia in bianco e nero) in grado di restituire un prospetto ancor più accurato dell’ambiente da bonificare, così come il laser a raggi infrarossi, e di localizzare con precisione i dispositivi di intercettazione.
bonifiche elettroniche ambientali