Perché è importante la verifica dei carichi pendenti prima di un’assunzione

16 Lug , 2020 Investigazioni Aziendali

Perché è importante la verifica dei carichi pendenti prima di un’assunzione

Quando un’azienda ha bisogno di assumere un nuovo dipendente, per sostituirne un altro o ampliare il proprio organico inserendo una nuova risorsa, implementa un processo di selezione che si articola in diversi passaggi successivi: il primo è la pubblicazione di un annuncio che comunica la disponibilità di una posizione vacante; successivamente, vengono valutate le candidature ricevute (questa mansione viene affidata ad una figura specializzata, il recruiter). Una prima valutazione viene effettuata sulla base dei curricula e di altri documenti (come ad esempio lettere di presentazione o referenze), così da individuare i profili che, per caratteristiche, appaiono più adatti a ricoprire la posizione resa disponibile; dopodiché, i recruiter possono sottoporre l’aspirante dipendente ad un test di valutazione o sottoporlo ad un colloquio conoscitivo; in alcuni casi, gli addetti alla valutazione possono disporre delle indagini pre assunzione, per attuare un’ulteriore verifica dei dati a propria disposizione.

Cosa si intende per “carichi pendenti”

Tra le verifiche che possono essere richieste nell’ambito delle indagini preassuntive può esserci anche il controllo dei carichi pendenti. Come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, questo tipo di richiesta, non particolarmente diffusa, viene fatta soprattutto quando la mansione da ricoprire ha caratteristiche peculiari, come ad esempio il rapporto diretto con il pubblico o con categorie protette. In altri termini, non rappresenta la prassi ma non è così rara come si potrebbe pensare.

Dal punto di vista pratico, si definisce “carico pendente” la condizione di un soggetto che, coinvolto in un procedimento penale a suo carico, ha acquisito lo status di imputato. È bene sottolineare come ciò non sia sinonimo di colpevolezza (una sentenza della Corte di Cassazione risalente al luglio 2018 – la n. 19012 – ha stabilito che un carico pendente non può essere equiparato ad una condanna penale) ma indica soltanto che la fase delle indagini preliminari si è conclusa; solo dopo questo passaggio, infatti, il soggetto può essere definito come imputato. Pertanto, un carico pendente – volendo semplificare – è un processo penale in cui la fase delle indagini preliminari si è conclusa e il soggetto fisico (ossia un singolo individuo) ha acquisito lo status di imputato.

I carichi pendenti vengono registrati in un apposito archivio e possono essere richiesti dal diretto interessato; essi vengono riportati all’interno di un certificato denominato casellario dei carichi pendenti che, come si legge all’articolo 2 del Testo Unico del Casellario, rappresenta “l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari riferiti a soggetti determinati che hanno la qualità di imputato”. Questo tipo di documento non va confuso con il casellario giudiziale che, di contro, costituisce “il registro nazionale che contiene l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati”.

Va inoltre sottolineato che nel casellario dei carichi pendenti non vengono iscritti tutti i provvedimenti; sul sito del Ministero della Giustizia si legge che “l’art. 27 del T.U. del Casellario prevede che nel certificato nazionale dei carichi pendenti non risultino alcune iscrizioni, quali, ad esempio, quelle relative a sentenze di condanna per le quali è stato concesso il beneficio della non menzione, ai provvedimenti emessi dal Giudice di pace, alle condanne per contravvenzioni punibili con l’ammenda, ecc.”. Nel certificato dei carichi pendenti risultano soltanto i provvedimenti “in corso dinanzi al tribunale a cui la Procura della Repubblica accede e i relativi giudizi di impugnazione”.

Come si effettua una verifica

Il casellario dei carichi pendenti può essere richiesto dal diretto interessato o da una persona delegata direttamente da quest’ultimo; in aggiunta, come riporta la pagina dedicata del sito ufficiale del Ministero della giustizia, “dalle pubbliche amministrazioni o dai gestori di pubblici servizi, quando il certificato è necessario per l’espletamento delle loro funzioni, dall’autorità giudiziaria penale, che provvede direttamente alla sua acquisizione, dal difensore dell’imputato”. La richiesta va presentata, personalmente o per posta, utilizzando l’apposita modulistica, corredata da un documento di identificazione in corso di validità. Il certificato costa 19,87 euro (di cui 16 euro per la marca da bollo) ma viene rilasciato gratuitamente nei seguenti casi:

  • per le procedure di adozione o affidamento di minori;
  • per risolvere una controversia di lavoro, previdenza o assistenza obbligatoria;
  • per procedimenti in cui l’imputato ha diritto al gratuito patrocinio;
  • per essere allegato alla domanda di riparazione dell’errore giudiziario.

Una volta inoltrata la richiesta, come si apprende sul portale ufficiale del Ministero della Giustizia, “il certificato è rilasciato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale che ha giurisdizione sul luogo di residenza dell’interessato e riporta i procedimenti pendenti presso detto ufficio nonché quelli in corso presso le procure distrettuali antimafia (“DDA”), di cui ha ricevuto comunicazione”. Ad ogni modo, si apprende dalla stessa fonte, non esiste alcun divieto che impedisca ad una Procura diversa da quella di residenza di rilasciare il certificato; se il diretto interessato ha un’età inferiore a diciotto anni, il casellario viene rilasciato dal Tribunale per i minorenni.

Perché è importante per le indagini pre-assunzione

Come accennato in precedenza, il casellario dei carichi pendenti può essere tra i documenti richiesti per inoltrare la propria candidatura per una posizione lavorativa disponibile presso un’azienda o una società. Questo documento può rivestire un ruolo molto significativo nell’ambito delle verifiche preassuntive affidate, quasi sempre per mezzo di un legale rappresentante, ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in business intelligence. Il casellario, infatti, rientra tra i documenti che gli investigatori incaricati dal mandante acquisiscono durante la prima fase dell’iter investigativo assieme al curriculum ed altri riscontri, come ad esempio lettere di presentazione o di referenze oppure i risultati di un test preliminare di valutazione (una procedura implementata quasi sempre dai recruiter o da figure affini).

Il compito degli investigatori consiste nell’accertare la veridicità di quanto dichiarato dal candidato, allo scopo di tutelare gli interessi professionali, economici e legali del potenziale datore di lavoro. Nel caso in cui quest’ultimo richieda il casellario dei carichi pendenti, è probabile che la posizione lavorativa aperta implichi mansioni e compiti tali da richiedere anche una verifica di questo, al fine di individuare con certezza il profilo professionale adeguato. I riscontri ottenuti dalla procedura investigativa, infatti, possono confermare quanto già dichiarato dall’aspirante dipendente oppure mettere in luce difformità ed omissioni; in tal caso, sarà compito dei recruiter chiederne conto al soggetto interessato al fine di fugare possibili dubbi circa l’affidabilità del profilo esaminato. Al termine della procedura di indagine preassuntiva, gli investigatori incaricati stilano una relazione tecnica all’interno della quale descrivono il lavoro svolto ed i risultati con esso ottenuti, mettendo in evidenza eventuali criticità emerse dalla verifica dei dati presenti nel casellario dei carichi pendenti del candidato sottoposto a verifica.


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