Cosa succede quando un dipendente ottiene la retribuzione nonostante la falsa malattia
Il rapporto tra dipendente e datore di lavoro è regolato da un contratto che stabilisce oneri e privilegi di entrambe le parti; in aggiunta, vi sono alcune disposizioni di carattere generale, che riguardano alcuni aspetti del rapporto di lavoro. Tra questi vi sono le indennità per malattia, ossia la retribuzione accordata al dipendente nel caso in cui una patologia o un infortunio gli impediscano di recarsi a lavoro: vediamo di seguito di cosa si tratta e come indagare i casi di abuso dei permessi retribuiti.
Retribuzione malattia, come funziona
Quando un dipendente si ammala (o si infortuna in seguito ad un incidente) e quindi non può recarsi a lavoro, ha diritto ad una parte della retribuzione che gli spetterebbe in caso di regolare svolgimento della prestazione lavorativa. Come si legge sul sito ufficiale dell’INPS, la “malattia” è “una indennità riconosciuta ai lavoratori quando si verifica un evento morboso che ne determina l’incapacità lavorativa”. Questo tipo di indennità viene riconosciuto in presenza di uno o più certificati validi (che attestino la condizioni di malattia o altro impedimento fisico) solo ad alcune categorie di lavoratori: operai del settore industria, operai ed impiegati del settore terziario e servizi, lavoratori dell’agricoltura, apprendisti, disoccupati, lavoratori sospesi dal lavoro, lavoratori dello spettacolo, lavoratori marittimi e lavoratori iscritti alla gestione separata (secondo l’articolo 2 comma 26 della Legge 335/95). Tra le categorie che, invece, non hanno diritto all’indennità di malattia vi sono, tra le altre: collaboratori familiari (COLF e badanti), impiegati dell’industria, quadri (industria e artigianato), dirigenti, portieri e lavoratori autonomi.
La durata dell’indennità varia a seconda del settore e del tipo di contratto. Chi lavora nel settore dell’industria e del terziario e dei servizi con un contratto a tempo indeterminato, ha diritto a una indennità di malattia che “spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare” mentre per i lavoratori a tempo indeterminato è prevista l’indennità di malattia per “tutti i giorni coperti da idonea certificazione, per un numero massimo di giorni pari a quelli lavorati nei 12 mesi immediatamente precedenti l’inizio della malattia da un minimo di 30 giorni ad un massimo di 180 giorni nell’anno solare”. Per quanto riguarda i lavoratori impiegati nel settore dell’agricoltura, l’indennità di malattia per i dipendenti a tempo determinato “spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione purché il lavoratore possa far valere almeno 51 giornate di lavoro in agricoltura prestato nell’anno precedente” o, in alternativa, 51 giorni di lavoro prima della malattia.
La retribuzione viene erogata direttamente dall’azienda, se prevista dal contratto di lavoro, mentre a decorrere dal quarto giorno di malattia è a carico dell’INPS. Per quanto riguarda l’ammontare dell’indennità, esso varia in percentuale in base al tipo di impiego e di contratto, oscillando tra il 50% e l’80% della retribuzione giornaliera prevista.
Cosa succede quando c’è una falsa malattia
Come accennato in precedenza, l’indennità per malattia viene erogata quando il dipendente certifica la condizione (patologia o infortunio) che gli impedisce di svolgere in maniera normale le proprie mansioni. Come spiega Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, purtroppo capita di frequente che i certificati medici vengano falsificati dai dipendenti grazie alla collaborazione di medici conniventi; in tal modo, il lavoratore attesta in maniera fraudolenta di essere malato o di essere alle prese con qualche infortunio di sorta e giustifica falsamente la propria assenza dal luogo di lavoro. Questa eventualità implica diversi reati; la prima è la falsa dichiarazione, non solo del medico, ma anche del dipendente che induca consapevolmente in errore quest’ultimo, esagerando o simulando i sintomi di una condizione patologica o di un infortunio. In secondo luogo, nel momento in cui il lavoratore sfrutta a proprio vantaggio la falsa dichiarazione contenuta nel certificato medico compie, a tutti gli effetti, una truffa a danno dell’azienda, in quanto recepisce una retribuzione che non gli spetta, dal momento che viene erogata sulla base di presupposti mendaci. La giurisprudenza inerente a questo genere di eventualità è piuttosto corposa e secondo quanto disposto dalla sentenza n. 47286 del 17 ottobre 2018, emessa della Corte di Cassazione, sez. II Penale, la truffa non si configura solo a danno dell’azienda presso la quale il lavoratore fraudolento è impiegato ma anche nei confronti dell’INPS, indotta con l’inganno ad erogare un’indennità non dovuta.
Più in generale, una dichiarazione di falsa malattia è il principale espediente per mezzo del quale il dipendente mette in pratica una condotta assenteista; il fenomeno dell’assenteismo si regge, infatti, in buona parte su dichiarazioni mediche fasulle, in quanto rappresentano uno strumento che consente al lavoratore di non fornire la dovuta prestazione lavorativa e di percepire, al contempo e in maniera indebita, una parte della propria retribuzione.
Come fare per scoprire casi di falsa malattia
Il fenomeno delle false malattie, assieme a quello di portata più generale dell’assenteismo, può rappresentare un grosso problema per le aziende, da diversi punti di vista. Oltre al danno economico, si prospetta anche quello produttivo e gestionale, in quanto assenze reiterate e immotivate possono provocare degli scompensi nell’organizzazione interna dell’azienda. Per questo, il fenomeno va contrastato, al fine di salvaguardare gli interessi aziendali; a tale scopo è possibile disporre delle indagini di controllo, conferendo un apposito mandato ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in indagini aziendali sull’assenteismo dei dipendenti. Il mandato viene generalmente conferito dal titolare o dal legale rappresentante dell’azienda. Dopo un primo contatto, le parti individuano gli obiettivi strategici e li sottoscrivono per contratto; terminata la parte burocratica, gli agenti avviano le procedure d’indagine.
Il primo step consiste nell’acquisizione della documentazione inerente al target delle indagini (curriculum, contratto di lavoro, registro delle presenze e simili), così da consentire agli investigatori di tracciare un profilo ben definito. La seconda fase prevede l’implementazione di una doppia procedura di sorveglianza, attiva (pedinamento) e passiva (appostamento), durante la quale gli agenti raccolgono materiale fotografico e video; ciò consente di monitorare il comportamento del soggetto indagato, documentandone gli spostamenti e i comportamenti, così da poter dimostrare se essi sono congruenti con quanto dichiarato nella certificazione medica. In alcuni casi, la raccolta di prove per falsa malattia attesta l’infondatezza delle dichiarazioni riportate dal certificato mentre, in altri, prova come la condotta del soggetto indagato sia contraria alla prassi per efficace decorso della malattia o dell’infortunio. I riscontri emersi durante le procedure di indagine vengono riportati dagli investigatori in un relazione tecnica, la quale viene poi consegnata al mandante che potrà utilizzarla nell’ambito di un procedimento giudiziario (qualora il dipendente indagato risulti colpevole, venga licenziato e opponga ricorso al provvedimento preso a suo danno).