Cosa fare in caso di assenteismo dei soci
Un elemento essenziale del rapporto che si instaura tra datore di lavoro e dipendente è la fiducia; quando la componente fiduciaria viene a mancare, possono verificarsi frizioni tali da comportare l’interruzione del rapporto. Un buon esempio, in tal senso, è rappresentato dall’assenteismo, sia quando riguarda i dipendenti sia quando coinvolge i soci: vediamo di seguito di cosa si tratta, quali sono i riferimenti normativi e quali contromisure si possono adottare.
Assenteismo, di cosa si tratta
L’assenteismo è un fenomeno che riguarda principalmente i lavoratori dipendenti, sia quelli impiegati nel settore pubblico sia quelli che operano nel privato. Nello specifico, come spiega Antonio Piccinni – Head of Operations – Investigations Unit di Inside Intelligence & Security Investigations, si parla di dipendente assenteista nel momento in cui questi si assenta dal luogo di lavoro senza un valido motivo (di qualsivoglia natura), evitando così di fornire la prestazione lavorativa prevista. Una condotta di questo tipo non sarebbe possibile se il prestatore di lavoro assenteista non utilizzasse una serie di stratagemmi, volti a dissimulare l’infondatezza della propria assenza dal luogo di impiego. In particolare, i dipendenti assenteisti si avvalgono spesso di certificazioni mediche false, per mezzo delle quali, grazie ad un medico spesso connivente, dichiarano di essere afflitti da un impedimento fisico o patologico tale da non potersi recare sul luogo di lavoro (per uno o più giorni). In aggiunta, l’assenteismo viene anche alimentato da abusi di vario tipo, come ad esempio l’utilizzo improprio dei permessi previsti dalla Legge 104 del 1992, dei permessi sindacali o di quelli retribuiti. In sintesi, l’assenteismo è quel comportamento – illegittimo – tenuto dal lavoratore dipendente che si assenta dal luogo di lavoro anche quando non ne avrebbe valido motivo; le cause di una condotta di questo tipo sono principalmente di natura psicologica, e spaziano dal disagio personale all’insoddisfazione per le mansioni svolti. Spesso, però, l’assenteismo può assumere anche un carattere strategico, in quanto consiste nell’assentarsi immotivatamente per prolungare le ferie oppure per evitare turni particolarmente gravosi (come quelli serali o notturni); in altre parole, il lavoratore sceglie strategicamente i giorni in cui assentarsi; non di rado, il dipendente che si assenta senza motivo, sfrutta le circostanze per svolgere una seconda attività lavorativa non autorizzata.
Cosa dice la legge sull’assenteismo
In Italia non esiste una legge specifica sull’assenteismo né vi sono riferimenti normativi che regolino singolarmente quest’aspetto del rapporto tra datore di lavoro e dipendente. Al netto di questa premessa, va sottolineato come – secondo le norme in vigore – l’assenza dal luogo di lavoro, di per sé, rappresenta una condotta legittima. Vi sono, al contempo, dei limiti da rispettare che coincidono con il cosiddetto ‘periodo di comporto’, ossia la soglia massima di ore (o giorni) in cui il dipendente può assentarsi dal luogo di lavoro senza essere licenziato. Il comporto può essere “secco” – se occupa un lasso di tempo continuativo – oppure “per sommatoria”, se le assenze si verificano in modo discontinuo. Per quanto riguarda norme e leggi sull’assenteismo, il riferimento normativo più recente è la cosiddetta “Legge concretezza” del 2019 che, mediante l’istituzione del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa” (poi denominato “Nucleo della concretezza”) si prefiggeva lo scopo di contrastare l’assenteismo dei dipendenti della pubblica amministrazione mediante la digitalizzazione dei sistemi di controllo (in particolare, il vecchio ‘cartellino’ veniva sostituito dai controlli biometrici).
Molto più ampia, invece, la giurisprudenza relativa ai casi di licenziamento per assenteismo; in linea generale, infatti, prevale un orientamento secondo il quale una serie di assenze ingiustificate possono pregiudicare l’indispensabile rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, al punto da giustificare il licenziamento per giusta causa da parte del primo. Nelle sue varie forme, infatti, una condotta assenteista può configurare diversi reati: nel caso in cui l’assenza venga giustificata per mezzo di un certificato medico fasullo, alla falsa dichiarazione del medico si aggiunge la percezione indebita dello stipendio, con conseguente danno economico all’azienda che ha corrisposto le spettanze al dipendente senza ricevere in cambio la prestazione lavorativa.
Quando l’assenteismo riguarda i soci
La questione assenteismo si fa più complessa quando riguarda i soci nelle società di persone. Sulla base di quanto stabilito dall’articolo 2286 del Codice civile, “l’esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale, nonché per l’interdizione, l’inabilitazione del socio o per la sua condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici”. L’articolo 24, similarmente, dispone che “l’esclusione d’un associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi motivi; l’associato può ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione”. Va anche tenuto conto di quanto statuito dall’articolo 2473 dello stesso Codice civile: “L’atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal caso si applicano le disposizioni del precedente articolo, esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale”. In sostanza, l’esclusione di un socio è legittima solo in presenza di gravi inadempienze rispetto a quanto stabilito dalle normative di riferimento o dall’atto costitutivo della società; pertanto, eventuali casi di assenteismo vanno considerati singolarmente e, qualora sia necessario, sottoposti al vaglio dell’autorità giudiziaria.
Come indagare in casi del genere
Nel caso in cui l’assenteismo di uno o più soci risulti ‘sospetta’, la società può intervenire disponendo apposite indagini; a tal proposito, è consigliabile rivolgersi ad un’agenzia di investigazioni private specializzata in Investigazioni Aziendali. Poiché si tratta di procedure specialistiche da condurre nel rispetto delle norme vigenti, è bene affidare le indagini a personale esperto del settore. Il mandato viene generalmente conferito all’agenzia da un legale rappresentante.
La prima fase consiste nell’acquisizione dei dati relativi al soggetto da sottoporre ad indagine; questi vengono forniti dal mandante e consentono agli investigatori di delineare il profilo personale e professionale del target delle indagini. Lo step successivo consiste nell’attività di osservazione del soggetto, che può essere sia dinamica (pedinamento) che statica (appostamento); queste procedure consentono agli investigatori di acquisire materiale fotografico e visivo, necessario a comprovare in maniera inconfutabile la condotta dell’individuo oggetto dell’indagine in un determinato contesto di tempo e luogo. L’osservazione è utile in special modo quando si sospetta che un socio svolga una seconda attività o stia perpetrando una concorrenza sleale a danno della società. Al termine dell’iter investigativo, i riscontri raccolti vengono illustrati in una relazione investigativa che viene consegnata al mandante delle indagini.