Cos’è il patto di esclusiva e cosa comporta il violarlo
I contratti che sanciscono l’inizio di un rapporto di lavoro tra due parti possono contenere alcune clausole particolari, che servono a tutelare gli interessi di uno o di entrambi i soggetti coinvolti; per essere valide, oltre a rispettare i termini eventualmente previsti dalle norme in vigore, devono essere comprovate in forma scritta. Tra le clausole più diffuse vi sono il “patto di non concorrenza” e il “patto di esclusiva”; quest’ultimo viene spesso indicato anche come “clausola di esclusiva”: vediamo di seguito di cosa si tratta.
Patto di esclusiva cos’è
La normativa vigente in tema di regolamentazione dei rapporti di lavoro non fornisce alcuna definizione specifica; come sottolinea Salvatore Piccinni – Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, in linea generale, il patto di esclusiva è un accordo per mezzo del quale il datore di lavoro e il dipendente concordano che quest’ultimo fornisca le proprie prestazioni in maniera esclusiva. Questa nozione si può ricavare dalla sezione del codice civile che riguarda i contratti, ed in particolare il contratto d’agenzia, ad esempio, l’articolo 1742 stabilisce che “col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. L’articolo successivo, invece, regola il cosiddetto “diritto di esclusiva” nei seguenti termini: “il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro”. L’articolo 1746, infine, dispone che “nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute”.
Anche nella normativa inerente al contratto di somministrazione, il codice civile fornisce ulteriori riferimenti alla nozione di esclusività, parlando esplicitamente di “clausola”; nello specifico, si legge all’articolo 1567, “se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l’altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto”; l’articolo successivo (“Esclusiva a favore dell’avente diritto alla somministrazione”) dispone che “se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell’avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l’esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto”.
Ricapitolando, quindi, è possibile affermare che il patto (o clausola) di esclusiva è un accordo scritto tra due parti che impone al soggetto che fornisce un servizio o una prestazione di adempire ai propri doveri contrattuali esclusivamente verso un’unica parte, entro determinati limiti stabiliti da contratto.
Cosa comporta violarlo
La violazione o il mancato adempimento dell’obbligo di esclusiva espone il soggetto obbligato a ripercussioni di vario tipo; a tal proposito, esiste una giurisprudenza piuttosto variegata in materia. Secondo quanto stabilito dalla Sezione del Lavoro del Tribunale di Trani in data 15/12/2019 (sentenza n. 2347), la violazione del patto di esclusiva rappresenta una giusta causa per l’interruzione del rapporto di lavoro; decisione analoga a quella presa dalla Sezione V del Tribunale di Milano con la sentenza n. 425 del 17/01/2019 circa una clausola di esclusiva stipulata nell’ambito di un’affiliazione commerciale: la corte ha stabilito che l’inadempimento, oltre a provocare un danno di natura economica, si configura come un motivo “serio e idoneo” per interrompere il rapporto di lavoro. La seconda sezione del Tribunale di Mantova, con la sentenza n. 564 del 10/05/2016 ha stabilito che il patto di esclusività non è una condizione implicita nel contratto d’azienda, tant’è che le due parti possono accordarsi su di una possibile deroga.
In generale, quindi, la violazione del patto di esclusiva può costare il licenziamento al lavoratore o all’agente che ha sottoscritto l’accordo benché ogni caso di specie debba essere valutato con tutte le sue peculiarità (i termini della clausola e gli effettivi atti di violazione degli stessi).
Come effettuare indagini
Poiché il mancato rispetto delle condizioni previste può cagionare un danno economico, il datore di lavoro ha il diritto di sincerarsi che non vi siano violazioni e, di conseguenza, tutelare i propri interessi. Dal momento che non esistono ‘indicatori’ oggettivi di una qualche violazione, nel caso in cui emergano sospetti a carico di un dipendente o di un agente vincolati dal patto di esclusiva, è bene tutelarsi con adeguate contromisure.
Queste consistono nel disporre delle apposite indagini di controllo a carico di uno o più dipendenti, rivolgendosi ad un’agenzia di investigazione privata specializzata in business intelligence. Il mandato di indagine viene conferito dal legale rappresentante dell’azienda. Una volta stabilito un primo contatto, le parti individuano gli obiettivi da perseguire tramite la procedura investigativa e, qualora sia necessario, fissano delle clausole di riservatezza per evitare la diffusione e la divulgazione di dati sensibili o informazioni riservate (in questo tipo di clausole vengono di solito inclusi i nomi di tutto coloro i quali prenderanno parte all’indagine).
Esaurita la fase ‘burocratica’ relativa al conferimento del mandato, gli agenti incaricati possono avviare le indagini vere e proprie. La prima fase dell’iter investigativo consiste nell’acquisizione dei dati identificativi dei soggetti sottoposti ad indagine: gli investigatori entrano in possesso delle schede del personale, dei contratti di ingaggio, dei curricula e delle (eventuali) lettere di presentazione o referenze fornite all’azienda dal dipendente oggetto della procedura di investigazione. In tal modo, gli agenti possono tracciare un profilo personale e professionale del proprio target, oltre a verificare la veridicità delle informazioni in loro possesso.
Lo step seguente prevede una procedura che prende il nome di “supervisione”: essa può essere attiva (pedinamento) o passiva (appostamento). Tramite queste due tecniche di indagine, gli agenti incaricati sono in grado di acquisire materiale fotografico o video che documenta, in maniera inconfutabile, la condotta del dipendente indagato entro un determinato contesto di luogo e di tempo. Tali pratiche investigative consentono di scoprire come e quando il soggetto delle indagini abbia trasgredito agli obblighi ai quali è sottoposto, come ad esempio intrattenere rapporti di natura professionale con soggetti terzi o al di fuori dell’area di competenza, incorrendo così in una violazione della clausola di esclusiva. Indagini più approfondite possono includere anche la ricerca di altre fonti di reddito, connesse ad attività lavorative svolte al di fuori dei limiti consentiti dal patto stipulato con il datore di lavoro. I riscontri ottenuti durante le indagini vengono illustrati, assieme al lavoro svolto, in una relazione tecnica stilata dagli agenti.